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Guerra Ucraina

Stop al transito del gas russo in Ucraina. L’Unione Europea è sicura di poter evitare gli shock

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Volodymyr Zelensky ne è sicuro: lo stop al transito del gas russo in Ucraina è una vittoria. Un punto segnato dopo tre anni di guerra e in una fase in cui il campo di battaglia mostra le difficoltà dell’esercito di Kiev a resistere alla costante pressione di una Russia stanca, indebolita, ma intenzionata a non fermare la sua invasione. “Quando Putin ottenne il potere in Russia più di 25 anni fa, il pompaggio annuale di gas via Ucraina verso l’Europa era di oltre 130 miliardi di metri cubi. Oggi il transito del gas russo è pari a 0. Questa è una delle più grandi sconfitte di Mosca”, ha scritto il presidente ucraino sui social. Un’affermazione che è arrivata dopo le due distinte dichiarazioni con cui sia la Federazione Russa che l’Ucraina avevano confermato la fine del passaggio del gas russo nel paese invaso. E il fatto che questo stop sia arrivato dopo anni di guerra dimostra anche le difficoltà, le pressioni e i delicati equilibri economici che compongono la partita energetica in questo conflitto tra i due paesi.

Le conseguenze strategiche

Ora si riparte da zero. “Dato che Kiev ha ripetutamente e chiaramente rifiutato di estendere gli accordi in tal senso”, Gazprom “ha perso in data odierna la capacità tecnica e legale di far transitare il gas attraverso l’Ucraina”, scriveva ieri l’azienda nel suo comunicato. E la fine dell’accordo tra Kiev e Mosca rappresenta un ulteriore segnale delle conseguenze strategiche della guerra avviata da Vladimir Putin nel 2022. Il gas ha sempre rappresentato una delle principali fonti di finanziamento della Russia. Ed è stato anche fondamentale per la ramificazione di rapporti politici che hanno coinvolto gran parte dell’Europa centrale e orientale, generando sinergie, alleanze o vere e proprie dipendenze. Uno strumento (o un’arma) che ora non passa più per l’Ucraina. E per questo le reazioni sono state diverse.

La visita al Cremlino di Fico

A esultare per il mancato rinnovo del contratto è stata la Polonia, con il ministro degli Esteri, Radosław Sikorski, che su X ha definito lo stop “un’altra vittoria dopo l’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia”. Di tutt’altro avviso il premier slovacco, Robert Fico, di recente in visita al Cremlino. Nel suo discorso di Capodanno, ha affermato che lo stop al transito del gas russo in Ucraina “avrà un effetto drastico su tutti noi, tranne che sulla Federazione Russa”. “Anche per questo motivo continuerò con una politica coerente orientata verso tutte e quattro le parti del mondo”, ha aggiunto il primo ministro. Mentre a lanciare l’allarme è stata anche la Moldavia, preoccupata dalle ripercussioni sulla regione separatista (e filorussa) della Transnistria.

L’Unione europea è sicura di potere evitare shock

Per molti governi e osservatori, adesso bisognerà capire come gestire questa nuova era delle relazioni energetiche tra Russia e Ucraina, e quindi tra Russia e Vecchio continente. L’Unione europea è sicura di potere evitare shock. “In termini di infrastrutture, il sistema europeo del gas ha una capacità sufficiente per far fronte alla fine dell’accordo di transito con l’Ucraina”, ha spiegato la Commissione Ue, facendo riferimento anche a quattro rotte alternative “per portare nella regione i volumi necessari a sostituire il gas russo”. Bruxelles scommette soprattutto sui terminali per il Gnl in Germania, Grecia, Italia e Polonia, oltre che al gas che passa per la Turchia.

Gas, l’effetto sui prezzi

Resta il punto interrogativo dell’effetto sui prezzi. Perché se è vero che il gas importato via gasdotto da Mosca è sensibilmente diminuito in questi anni, attraverso le condutture ucraine nel 2023 sono comunque transitati 14,65 miliardi di metri cubi di metano e anche una minima riduzione può comportare un aumento del valore. E nel mercato di riferimento per l’Europa, cioè quello di Amsterdam, il gas ha già superato la soglia simbolica dei 50 euro per megawattora. Ma l’idea è che l’Europa, anche per la riduzione progressiva delle importazioni di gas dall’inizio dell’invasione russa, abbia le capacità per tollerare le novità in arrivo da Kiev. Del resto, la Ue acquista ormai in gran parte da altri fornitori (come Algeria, Norvegia, Usa e Qatar) e continua a importare gas russo dal TurkStream e dalle navi che trasportano il Gnl (nel 2024, anzi, c’è stato un boom di acquisti di gas naturale liquefatto dagli impianti della Federazione). E la svolta voluta da Zelensky, oltre a togliere rubli a Gazprom e al Cremlino, indica anche un altro tema: la fermezza del presidente ucraino nonostante le esigenze di alcuni partner europei. In particolare la Slovacchia e l’Ungheria di Viktor Orbán.

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Guerra Ucraina

Il duello, la coltellata e l’ultimo gesto di rispetto: “Grazie, sei il miglior guerriero del mondo”

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Il video, rialente a circa un anno fa, della lotta tra un soldato ucrano e uno russo sta facendo il giro del mondo

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Guerra Ucraina

Stop del gas russo in Ucraina ma sono i filoputiniani i primi a pagare: Transnistria al gelo

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Lo stop al transito del gas russo in Ucraina rappresenta un enorme punto interrogativo. L’Unione europea ha garantito che non ci saranno ripercussioni pesanti sull’offerta di energia, anche se molti temono l’aumento dei prezzi.

Dalla Slovacchia, il primo ministro Robert Fico ha messo nel mirino il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, accusandolo di volere “sabotare” l’economia di Bratislava e quella europea e ha minacciato contromisure. Per una questione “degna di una reazione sovrana da parte di una Slovacchia sovrana”, ha garantito Fico. E intanto, un prima vittima collaterale dello stop al gas di Mosca in Ucraina è paradossalmente (ma non troppo) proprio una regione filorussa: la Transnistria. La repubblica separatista, che dal crollo dell’Unione Sovietica ha deciso di rimanere fedele al Cremlino dichiarandosi indipendente dalla Moldavia, è completamente dipendente dalle forniture di gas russo. Ma senza più il passaggio attraverso il territorio ucraino, la situazione per la Transnistria appare sempre più difficile. E lo è inevitabilmente anche per la Moldavia.

Vadim Krasnoselsky, leader separatista, ha ammesso da subito le difficoltà per la propria regione, dicendo che le riserve di gas sono ridotte all’osso. Forse utili per mandare avanti la sua “repubblica” per dieci giorni. Venti se si considera solo la parte meridionale. Il piano d’emergenza è scattato immediatamente dopo l’annuncio di Kiev e di Gazprom. E Sergei Obolonik, primo vicepremier della regione filorussa, ha confermato lo stop di tutte le attività industriali “ad eccezione di quelle impegnate nella produzione alimentare, ovvero quelle che garantiscono direttamente la sicurezza alimentare della Transnistria”.

Una crisi senza precedenti e che è difficile da gestire non solo per il presente, ma anche per il futuro. Perché se per Obolonik “è troppo presto per giudicare come si svilupperà la situazione”, quello che appare chiaro anche al governo separatista è che se il problema non sarà risolto in tempi brevi ci saranno “cambiamenti irreversibili, ovvero le imprese perderanno la capacità di ripartire”. Una vera e propria emergenza economica, sanitaria e sociale, che investe 450mila persone che abitano la ex repubblica socialista, ma che preoccupa soprattutto la Moldavia e il governo centrale. E proprio per questo, da Chisinau non parlano solo di una crisi di natura economica, ma anche (se non soprattutto) di sicurezza.

Il primo ministro Dorin Recean si è detto sicuro che per quanto riguarda il proprio Paese l’interruzione del flusso di gas si può gestire. Tra produzione nazionale e importazioni, soprattutto dalla Romania, la Moldavia è convinta di poter superare il momento più difficile. E da Bucarest, il ministro dell’Energia, Sebastian Burduja, si è detto pronto adi aiutare i “fratelli” moldavi. L’esecutivo di Recean ha da tempo pensato piani alternativi per evitare di dipendere ancora dai rubinetti del Cremlino. Ma a Tiraspol non la pensano allo stesso modo. L’operatore del gas della Transnistria, Tiraspoltransgaz, ha rispedito al mittente le offerte giunte da Chisinau e da Bucarest giustificando il rifiuto con i possibili aumenti dei prezzi e l’eventuale loro instabilità. E l’impressione è che il braccio di ferro continuerà anche come arma puntata nel cuore della Moldavia, da sempre oggetto delle mire russe al confine dell’Unione europea e dell’Ucraina.

“Mettendo a repentaglio il futuro del protettorato che ha sostenuto per tre decenni nel tentativo di destabilizzare la Moldavia, la Russia sta rivelando l’inevitabile risultato per tutti i suoi alleati: tradimento e isolamento” ha tuonato Recean. E per il suo esecutivo, l’obiettivo di Mosca è innescare un nuovo focolaio di tensione per fare tornare le forze filorusse al potere in tutta la Moldavia. La presidente Maia Sandu, convinta europeista, ha vinto le ultime elezioni ma è riuscita a far passare con molta difficoltà il referendum per l’adesione all’Unione europea. Le forze pro-Occidente non hanno mai avuto dubbi: nella campagna elettorale le interferenze russe sono state pesanti e hanno influenzato notevolmente i risultati.

In ogni caso, l’esito di certo non è piaciuto a Mosca né alle forze legate al Cremlino, che sono pronte a tornare alla carica con le prossime elezioni di giugno, quelle per il parlamento. E il gas potrà essere un’arma, specialmente per l’aumento delle bollette. Il governo moldavo ha detto che risarcirà i cittadini per i prezzi più alti, anche per spegnere possibili tensioni interne. Ma la partita di Tiraspol e dei filorussi è molto più ampia.

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Guerra Ucraina

Perchè la Russia non ha vinto

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Certamente tirarla in lungo non conviene agli ucraini, ma ciò che nessuno dice, se non i numeri, è che non conviene per nulla neppure a Putin, nonostante la sicurezza e l’arroganza che mostra in pubblico

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