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Guerra Ucraina

La controffensiva di Kiev nel Kursk

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Gli ucraini avanzano in territorio russo. Le truppe di Mosca sfondano nel Donbass

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Guerra Ucraina

I paradossi dei populisti in Europa, fedeli sia a Putin che Trump: perché la santa alleanza è impossibile

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Lo stop di Kiev al gas russo può scoperchiare i paradossi della destra populista europea. Finora i governi dell’Europa dell’Est sono riusciti a convincerci della possibilità di essere amici della Russia di Putin quanto anche degli Stati Uniti di Trump. Per motivi geografici e interessi di forniture energetiche, Slovacchia e Ungheria sono le nazioni da sempre più legate a Gazprom. Oggi, a queste due fedelissime dello zar, si stanno aggiungendo Austria e Romania.

A Vienna la formazione di un governo di estrema destra, post-nazista e filo-putiniano, è questione di giorni. A Bucarest la situazione è più contorta. Mentre il paese dall’inizio di quest’anno è entrato nell’area Schengen, la Corte Costituzionale ha interrotto le elezioni presidenziali, ammettendo i brogli effettuati tramite TikTok in favore del candidato di estrema destra e filo-russo, Călin Georgescu. Il voto è rinviato a primavera, ma questo non cancella l’ingerenza di Mosca. C’è stata. Potrà esserci di nuovo. Austria, Romania, Slovacchia e Ungheria vanno a costituire così un blocco compatto di volenterosi di Mosca, i cui leader da sempre esprimono una parallela fascinazione nei confronti del populismo d’Oltreatlantico.

L’ungherese Orbán è stato tra i primi leader Ue a congratularsi per la vittoria di Trump alle presidenziali dello scorso novembre. Lo slovacco Fico si è addirittura vantato di essere stato vittima di un attentato tanto quanto il tycoon americano (peraltro ha rischiato ben più di The Donald). A loro va aggiunto il presidente uscente croato, Zoran Milanović, alias appunto “Trump croato”. Ma questa è un’eccezione, visto che la Croazia non si è mai espressa in favore della Russia. Fino a che punto si può essere alleati di Putin e di Trump allo stesso momento? Certo, nelle sue sfaccettature il populismo offre una serie di spazi ideologici comuni in cui contraddizioni e analogie possono convivere. Lo scetticismo anti-scientifico, per esempio nei confronti dei vaccini contro il Covid, è un orientamento che ha trovato accoliti di qua come di là dell’Atlantico. Il cospirazionismo alla QAnon può dialogare facilmente con i discepoli di Alexander Dugin.

D’altra parte, questa insorgenza del misticismo – che tenta di scimmiottare il nazismo magico, già ai suoi tempi non immune dal ridicolo – poco ha a che fare con una realtà dei fatti forse meno spirituale, ma certamente più documentabile. È il caso del flusso di finanziamenti che, negli anni, Mosca ha indirizzato per sostenere partiti politici a lei compiacenti in Europa occidentale. L’intelligence Usa aveva stimato circa 300 milioni di dollari bonificati in conti di una ventina di forze politiche europee, tra il 2014 e il 2022. Visto che poi è scoppiata la guerra, è lecito pensare che questo meccanismo di soft power si sia interrotto. Sperando in una vittoria russa nel conflitto, è altrettanto plausibile ipotizzare che Orbán, Fico e altri eventuali amici di Putin si aspettino una ripresa dei pagamenti. È una forma anche di gratitudine verso un orso russo che non nega le proprie mire espansionistiche e che, avendo già fatto arrivare i suoi carri armati nel cuore d’Europa in passato, è meglio tenerselo buono.

Ma per la pretesa dell’Ungheria e della Slovacchia di riavviare le forniture di Gazprom sono possibili delle reazioni risentite da parte degli Usa, dove il Gnl ha goduto di un’impennata produttiva e di export proprio a seguito del nostro voltafaccia a Mosca. La concorrenza non è un’esclusiva del libero mercato e delle democrazie liberali. Anzi, quando in campo entrano regimi a cui piace mostrare i muscoli, il rischio è che si alzi l’asticella al livello del conflitto. A questo proposito, si guardi il mondo dei social. Così in fermento, nelle ultime settimane, nel tentare di sgretolare le democrazie europee. Anche in questo caso il populismo deve fare una scelta: affidarsi a Elon Musk oppure al Grande fratello suo competitor diretto.

Ci sarebbe poi da chiedersi se sia meglio essere vincolati ai dazi che l’amministrazione Trump vuole imporre ai prodotti europei o se dipendere da un’economia russa sfiancata da tre anni di guerra e che, di conseguenza, richiederà lungo tempo prima di tornare a essere un mercato attrattivo. Infine c’è il paradosso maggiore: il culto dei due leader. I regimi autoritari sono monoteisti. Non si può dichiarare amore eterno a Putin e poi dimostrare devozione a Trump. A meno che non ci si illuda che tra i due nasca una santa alleanza da cui trarre vantaggio. Ma la politica internazionale resta con i piedi per terra. Le guerre e la pace si fanno tra grandi potenze. Per quale motivo Washington e Mosca dovrebbero trattare alla pari di alleati minori come sono le cancellerie di Budapest, Bratislava e Vienna solo perché si comportano da gregari fedeli?

L’articolo I paradossi dei populisti in Europa, fedeli sia a Putin che Trump: perché la santa alleanza è impossibile proviene da Il Riformista.

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Guerra Ucraina

Accordo Mosca-Kiev. Prigionieri scambiati in modo sistematico

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Donbass e Kursk, si combatte. Putin con le famiglie dei militari. Zelensky, crolla la popolarità

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Guerra Ucraina

Normale che gli ucraini siano stufi della guerra

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Della guerra ne abbiamo tutti abbastanza, tutti meno Zelensky. Occorre avere ancora un pochino di pazienza, io sono convintissimo che quest’anno sarà un anno di pace

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