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Trump convince Netanyahu ad accettare la tregua a Gaza e spinge Hamas a fare lo stesso. Ma Bibi non si dà per vinto e si prepara a chiedere l’ok a nuovi attacchi sull’Iran

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Con il più classico dei colpi di scena, il presidente americano Donald Trump ha annunciato la disponibilità di Benjamin Netanyahu a siglare un accordo di cessate il fuoco temporaneo con Hamas. “I miei rappresentanti hanno avuto un lungo e produttivo incontro con gli omologhi israeliani su Gaza”, ha scritto il tycoon sul social Truth, aggiungendo che “Israele ha accettato le condizioni necessarie per finalizzare il cessate il fuoco di 60 giorni, durante il quale lavoreremo con tutte le parti per porre fine alla guerra”.

“Qatarini ed egiziani, che hanno lavorato duramente per contribuire a portare la pace, presenteranno la proposta finale di accordo, e spero, per il bene del Medio Oriente, che Hamas la accetti, perché altrimenti la situazione non migliorerà, ma peggiorerà soltanto”, ha concluso Trump.

Parole a cui ha risposto a distanza il funzionario di Hamas, Taher al-Nunu, affermando che il movimento estremista palestinese è “pronto ad accettare qualsiasi iniziativa che porti chiaramente alla fine completa della guerra”, ma che non ha ancora accolto la proposta sostenuta dagli Stati Uniti, in quanto non è stata ancora materialmente inviata.

Trump convince Netanyahu ad accettare la tregua a Gaza e spinge Hamas a fare lo stesso. Ma Bibi non si dà per vinto e si prepara a chiedere l’ok a nuovi attacchi sull’Iran

Insomma, si aprono in modo del tutto improvviso degli spiragli di pace per la Striscia di Gaza. Secondo quanto riferisce il quotidiano israeliano Jerusalem Post, la bozza di accordo preparata dai mediatori del Qatar sarebbe una rielaborazione del precedente piano elaborato dall’inviato degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, respinto da Hamas il mese scorso.

Sostanzialmente, la proposta prevede il rilascio di otto ostaggi il primo giorno del cessate il fuoco, seguito dalla liberazione di altri due ostaggi prima del termine della tregua di 60 giorni. In questi due mesi, complice lo stop ai combattimenti, dovrebbero svolgersi i colloqui sulla fine definitiva della guerra. Al momento, secondo quanto riporta Axios, non è chiaro se l’ultima proposta preparata dal Qatar affronti il punto critico fondamentale dei colloqui: la richiesta di Hamas di un fermo impegno da parte degli Stati Uniti affinché la tregua di 60 giorni porti alla fine permanente della guerra.

Del resto, per Israele qualsiasi cessate il fuoco a lungo termine deve includere la rimozione di Hamas dal potere, lo smantellamento della sua ala militare e l’esilio dei suoi comandanti di alto livello. Inoltre, Netanyahu ha già chiarito di volere che Gaza sia amministrata da funzionari palestinesi locali, rigorosamente non affiliati né a Hamas né all’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), con alcuni Stati arabi — come Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita — che garantiscano la sicurezza dello Stato ebraico.

La questione iraniana

Ma a far trattenere il fiato a tutto il Medio Oriente sono le ultime indiscrezioni sull’incontro a Washington, previsto per il 7 luglio, tra Trump e Netanyahu. Se in un primo momento il vertice sembrava destinato a cercare una soluzione al conflitto nella Striscia di Gaza, concentrandosi in particolare sulla liberazione degli ostaggi e sull’eventuale espansione degli Accordi di Abramo, ora i media israeliani riportano ulteriori dettagli che rischiano di alzare la tensione nella regione.

Come riferisce l’emittente israeliana Kan, Netanyahu sarebbe deciso a chiedere al presidente degli Stati Uniti un sostanziale via libera per un eventuale nuovo attacco contro l’Iran, nel caso in cui Tel Aviv dovesse rilevare la ripresa delle attività nucleari o preparativi per una massiccia produzione missilistica. Un’eventualità tutt’altro che remota, visto che il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, in un’intervista alla CBS News, ha ammesso che il bombardamento statunitense sul sito nucleare di Fordow ha “gravemente e pesantemente danneggiato” l’impianto, che ora dovrà essere “riparato” dai tecnici iraniani, poiché Teheran “non intende rinunciare al proprio programma per il nucleare civile”.

Aumentano inoltre i timori israeliani per la decisione del presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, di notificare ufficialmente all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) la sospensione della cooperazione, rendendo di fatto la ripresa dei lavori sul nucleare non più soggetta a controlli internazionali.

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I nuovi cannibali

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Ma come fa un giornale serio (serio?) come La Stampa a scrivere che i soldati russi, ridotti alla fame, mangiano i loro compagni morti? È grottesco.
Pino Somma
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Gentile lettore, lasci stare i giornali. La grande notizia è che finalmente gli ucraini hanno ritrovato la verve di un tempo, quella che tanto ci ha deliziati. Ricordiamo Putin malato che beve sangue di cervo, la chiesa bombardata ma poi si vedono le donne delle pulizie ucraine che sollevano le macerie di polistirolo, l’esercito russo che va alla carica con le pale, i russi che disertano perché non sono arrivati i calzini di lana, i russi che rubano dai frigoriferi i chip necessari ai missili. Il mio film preferito è quello dell’inverno ‘22-23 con 200.000 soldati russi morti di freddo. Considerando che Putin invase l’Ucraina con 160.000 soldati, ne morirono il 120 per cento solo per il freddo. Grande! Ora gli sceneggiatori ucraini sembrano aver ritrovato lo smalto per cui erano famosi ed ecco il capolavoro. Con la solita sobrietà hanno diffuso la registrazione di una telefonata in cui due attori, pardon due soldati che parlano russo (proprio come i russi e gli ucraini!), dicono: “Hai sentito che Ivan ha mangiato un suo commilitone?” e l’altro risponde: “Sì, ha mangiato per due settimane”. Genio! Lei dirà: ma come ha fatto a conservare il corpo per 14 giorni senza che si putrefacesse? Dettagli, caro lettore, non sia prosastico. E poi nulla esclude che i soldati russi vadano in guerra con un frigo in cui conservare i compagni morti da mangiare a pranzo e a cena. All’occorrenza possono anche usare i chip del frigo per fabbricarsi i missili.

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