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Trump chiude le frontiere ai cittadini provenienti da 12 Paesi: “Stop ai terroristi stranieri”

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato un nuovo e controverso bando migratorio che vieta l’ingresso nel Paese ai cittadini di 12 nazioni, tra cui Iran, Somalia, Yemen e Libia. La misura, che secondo la Casa Bianca mira a “proteggere il Paese dai terroristi stranieri”, entrerà in vigore il prossimo 9 giugno.

L’elenco dei Paesi interessati comprende: Afghanistan, Birmania, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale, Eritrea, Haiti, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen. A questi si aggiungono sette Paesi soggetti a restrizioni parziali: Burundi, Cuba, Laos, Sierra Leone, Togo, Turkmenistan e Venezuela.

Trump ha giustificato la decisione facendo riferimento al recente attacco terroristico a Boulder, in Colorado, che ha provocato tre morti. “Il recente attacco ha evidenziato gli estremi pericoli che l’ingresso di cittadini stranieri non adeguatamente controllati rappresenta per il nostro Paese”, ha dichiarato in un video pubblicato su X. “Non li vogliamo”, ha aggiunto.

Trump chiude le frontiere ai cittadini provenienti da 12 Paesi: “Stop ai terroristi stranieri”

Nonostante l’impatto del provvedimento, sono previste alcune eccezioni. Potranno comunque entrare negli Stati Uniti i titolari di determinati visti, nonché le persone il cui viaggio “serve l’interesse nazionale”, secondo quanto specificato da fonti ufficiali. Esclusi dal divieto anche i calciatori che parteciperanno ai Mondiali del 2026 – che si disputeranno tra Stati Uniti, Messico e Canada – e gli atleti diretti a Los Angeles per le Olimpiadi del 2028.

Fa discutere l’assenza dall’elenco dell’Egitto, Paese d’origine dell’attentatore di Boulder. Il 45enne arrestato non figura tra i cittadini provenienti dalle nazioni colpite dal nuovo bando. Una scelta che potrebbe sollevare interrogativi sulla coerenza e sull’efficacia del provvedimento.

L’annuncio riaccende il dibattito interno e internazionale sui temi dell’immigrazione e della sicurezza. Non è la prima volta che l’amministrazione Trump ricorre a misure restrittive di questo tipo: già nel suo primo mandato, l’allora presidente aveva firmato ordini esecutivi simili, suscitando critiche da parte di attivisti e governi stranieri.

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Trump abbandona Zelensky, all’Ucraina resta solo il sostegno dell’Unione europea

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Archiviato il G7 in Canada senza alcuna dichiarazione congiunta per condannare Mosca e sostenere l’Ucraina, la guerra tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky prosegue senza esclusione di colpi. Come accade ormai da settimane, complice il silenzio dell’Occidente – la cui attenzione è tutta rivolta al conflitto mediorientale – le forze russe hanno lanciato nuovi, pesantissimi bombardamenti su diverse città ucraine, causando decine di feriti.

Allo stesso tempo, hanno conquistato il villaggio di Dolgenkoe nella regione di Kharkiv e l’insediamento di Novonikolayevka nella regione di Sumy. Un’avanzata apparentemente inarrestabile, favorita da quello che appare come il tanto temuto disimpegno americano: Washington ha infatti interrotto la fornitura di nuovi pacchetti di aiuti militari, mentre l’Unione Europea sta tentando di colmare il vuoto con annunci quasi quotidiani di invii di armi a Kiev.

All’Ucraina resta solo il sostegno dell’Unione europea

A Bruxelles, la convinzione – ribadita dalla portavoce dell’Ue per gli Affari esteri, Anitta Hipper – è che “la Russia mente, perché è evidente da tempo che non vuole la pace”. Una tesi pienamente condivisa dall’Alta Rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, che, intervenendo nella plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, ha rilanciato la linea dura dell’Europa, sostenendo che “il nostro continente si trova in un mondo che diventa ogni giorno più pericoloso”, soprattutto a causa della Russia, che “rappresenta una minaccia a 360 gradi nel mondo”.

Una posizione che ha portato Kallas ad affermare: “Ogni sanzione indebolisce la capacità della Russia di combattere questa guerra. Non fatevi ingannare. Grazie alle sanzioni dell’Unione Europea, la Russia ha perso decine di miliardi di euro di entrate petrolifere. Il suo fondo sovrano è diminuito di 6 miliardi solo lo scorso mese. Le sanzioni agiscono in parallelo. L’Unione Europea è il principale fornitore di supporto all’Ucraina, inclusi oltre 50 miliardi di euro di assistenza militare”.

Tuttavia, anziché cercare una mediazione tra le parti – tanto più alla luce del vuoto lasciato da Washington – Bruxelles continua a preferire una retorica che molti definiscono “guerrafondaia”. A ribadirlo è la stessa Kallas che, lapidaria, ha dichiarato: “Se non aiutiamo Kiev, dobbiamo iniziare a imparare il russo”. Parole che hanno infiammato l’Aula, suscitando proteste da parte di numerosi eurodeputati che non ritengono evidente la minaccia russa all’Europa. Kallas ha risposto: “Qualcuno ha detto che la Russia non ha motivo di attaccare la Nato. Ma la Russia non aveva alcun motivo per attaccare l’Ucraina, né la Siria, né la Georgia. La lista è lunga. Dobbiamo prepararci”.

Bruxelles suona la carica

Il sostegno all’Ucraina di Zelensky, secondo fonti qualificate citate dall’Ansa, si arricchirà presto di un nuovo capitolo con l’European Defence Industrial Program (EDIP). Il piano, presentato dalla Commissione Ue nel marzo 2024 per rafforzare la base industriale del settore bellico europeo, dovrebbe essere approvato lunedì prossimo dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper).

Una misura su cui, tuttavia, l’Ue si sta spaccando: ben dieci Paesi – Olanda, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovacchia e Finlandia – hanno voluto mettere a verbale una dichiarazione di contrarietà. “Le nostre preoccupazioni riguardano principalmente la limitata flessibilità della cooperazione industriale con Paesi terzi non associati, in particolare le norme restrittive relative ai subappaltatori di tali Paesi e le restrizioni alla produzione su licenza, che impongono vincoli significativi”, si legge nel documento.

“Pur non volendo ostacolare l’avvio del dialogo con il Parlamento europeo dopo oltre un anno di negoziati in seno al Consiglio – prosegue la dichiarazione – desideriamo sottolineare che il quadro di ammissibilità deve rimanere praticabile e riflettere la realtà delle minacce odierne e il panorama industriale della difesa. Riteniamo che una maggiore flessibilità colmerà il divario tra le esigenze immediate in termini di capacità e l’indipendenza strategica a lungo termine dell’Europa, rafforzando così la sua base industriale”.

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Ma chi è il matto?

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Trump ha sconcertato tutti dicendo che vorrebbe la Russia e anche la Cina nel G7. Non ho ancora capito se è un pazzo o un furbo di sette cotte.
Ilde Kestler
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Gentile lettrice, non è importante sapere se la stravaganza, diciamo così, di Trump sia un fatto connaturato alla fisiologia dell’individuo o una tecnica del caos controllato. L’importante è capire che la politica egemonica americana è sempre uguale a sé stessa: usare la frusta con l’Europa per tenerla in servitù e sottomettere gli altri con la forza delle armi o la forza economica (sanzioni). L’unica differenza è metodologica. Trump enuncia la strategia con bastone e carota, minacce, adulazioni, dazi, tasse mercantili, ecc. Biden invece lo faceva con fatti sottaciuti ma chiarissimi: fu lui a innescare la crisi ucraina nel 2014 col colpo di Stato a Kiev pilotato dalla “sua” Nuland e poi nel 2021 negando a Mosca un negoziato, e fu lui ad annunciare (7 febbraio 2022) e ordinare (26 settembre 2022) il sabotaggio dei Nord Stream, come descritto millimetricamente dal premio Pulitzer Seymour Hersh. Cambiano i metodi insomma, ma il piano è lo stesso. È indiscutibile che l’obiettivo finale sia il salasso della Russia e infine l’assalto alla preda grossa, la Cina. Questo naturalmente lo sanno sia Putin che Xi. Non a caso Pechino fornisce un sostegno a Mosca nella guerra e non a caso dal 2003 fabbrica 100 nuove atomiche l’anno. Russia e Cina insieme resisteranno o insieme cadranno. Attorno a loro si sta coagulando un magma che è ancora fluido (Nord Corea, Sudafrica e altri), ma costituisce il seme d’una futura alleanza anti Nato e anti unipolarismo.

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Khamenei smentisce incontri. E sfida il “guerrafondaio” Trump

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Si alza la tensione tra l’Iran e gli Stati Uniti mentre il presidente americano non ha ancora deciso, o quantomeno non ha ancora comunicato, se entrerà in guerra con Israele contro Teheran. “Potrei come non potrei attaccare l’Iran”, ha detto Donald Trump. Che ha annunciato di aver offerto all’Iran l’”ultimatum definitivo”.

Ali Khamenei si è rivolto alla nazione con un messaggio alla tv sfidando Israele e Stati Uniti. Per oltre 9 minuti il capo della teocrazia ha accusato “il nemico sionista” di aver “commesso un errore e un grave crimine” bombardando l’Iran, ma ha assicurato che sta subendo in rappresaglia una “punizione severa” che “lo ha indebolito”. E ne è prova il fatto che “i suoi amici americani sono entrati in scena”. Quindi, l’avvertimento a Trump: “Ci ha minacciato apertamente con una dichiarazione inaccettabile, chiedendo di arrenderci”, ma “qualsiasi intervento militare da parte” americana “causerà senza dubbio danni irreparabili”.

Ali Khamenei si è rivolto alla nazione con un messaggio alla tv sfidando Israele e Stati Uniti

La missione iraniana presso l’Onu ha poi replicato alle parole di Trump secondo cui Teheran avrebbe contattato Washington chiedendo un incontro alla Casa Bianca. “Nessun funzionario iraniano ha mai chiesto di strisciare ai cancelli della Casa Bianca”, ha affermato. “L’unica cosa più spregevole delle sue bugie è la sua codarda minaccia di ‘eliminare’ la Guida Suprema dell’Iran. L’Iran non negozia sotto costrizione, non accetterà la pace sotto costrizione, e certamente non con un guerrafondaio”.

La Russia mette intanto “in guardia” Washington da un ingresso diretto nella guerra con l’Iran a sostegno di Israele, avvertendo che questo “destabilizzerebbe radicalmente l’intera situazione”. Un monito che, insieme alla condanna dei giorni scorsi come “categoricamente inaccettabili” dei bombardamenti dello Stato ebraico, segna il punto più alto delle dichiarazioni di Mosca in difesa della alleata Teheran. Ma allo stesso tempo il Cremlino si mostra attento a non irritare l’amministrazione Usa di Trump.

È un fatto che il vertice del G7 in Canada si sia chiuso senza una dichiarazione congiunta sull’Ucraina, secondo i media a causa dell’opposizione del presidente Usa. E prima di lasciare in anticipo la riunione – cosa che ha fatto saltare un incontro in programma con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – l’inquilino della Casa Bianca ha messo in chiaro che non intende per il momento adottare nuove sanzioni nei confronti della Russia.

Putin si sarebbe offerto ancora una volta di mediare tra le parti in conflitto. Offerta però rispedita al mittente da Trump.

Putin si sarebbe offerto ancora una volta di mediare tra le parti in conflitto. Offerta però rispedita al mittente da Trump. “Io gli ho detto: ‘Fammi un favore. Media le tue cose. Vladimir, prima mediamo sulla Russia. Potrai preoccuparti di questo più tardi’”, ha detto Donald.

In un’intervista concessa alla Cnn, intanto, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, ha dichiarato che l’agenzia “non ha prove” che dimostrino che l’Iran sia impegnato in uno “sforzo sistematico” per dotarsi di armi nucleari.

L’Aiea non ha le prove che l’Iran si stia dotando dell’atomica

“E’ uno scoop che dovrebbe aprire tutti i giornali online e tutti i telegiornali, e che invece è passata sotto silenzio perché smentisce clamorosamente la propaganda che in queste ore sostiene l’attacco di Israele all’Iran. Il direttore generale dell’Aiea ha dichiarato che non c’è nessuna prova che l’Iran si stia dotando di un’arma nucleare. La stessa cosa che sostiene la Cia e tutta l’intelligence americana, ma l’opposto di quello che dicono Netanyahu e Trump per giustificare la loro aggressione contro l’Iran. Nessuno vuole difendere il regime iraniano, ma è giusto difendere la verità per non rimanere imprigionati dalle bugie della propaganda”, hanno affermato i capigruppo M5S delle Commissioni Difesa di Senato e Camera, Bruno Marton e Marco Pellegrini.

Ma quanto sta succedendo tra Israele e Iran non deve far passare sotto silenzio la mattanza in corso a Gaza da parte del governo di Benyamin Netanyahu. Su cui l’Europa è completamente afona.

“Parlate come se io fossi l’unica responsabile di quello che succede a Gaza. Io non rappresento me stessa qui, io rappresento 27 Stati membri, se spettasse a me decidere personalmente io una decisione la prenderei ma non lo posso fare perché rappresento 27 Stati membri e serve l’unanimità”. Lo ha detto l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, intervenendo al dibattito al Parlamento europeo sulla necessità di prendere misure contro Israele.

“Questa è la mia frustrazione e se portassi la proposta al Consiglio forse mi sentirei meglio ma so che non passerebbe e mostrerebbe la nostra divisione”, ha detto ancora.

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