Mondo
Mosca bombarda casa dipendente italiano dell’ambasciata a Kiev: “Indignati dal raid”
Durante gli attacchi missilistici russi a Kiev la scorsa notte è stata distrutta l’abitazione, per fortuna vuota, di un impiegato locale dell’ambasciata d’Italia, un cittadino ucraino che ha acquisito anche la cittadinanza italiana. Secondo fonti della Farnesina, l’impiegato e la sua famiglia…
Mondo
Romania, la Corte costituzionale respinge il ricorso del candidato Simion che chiedeva l’annullamento delle elezioni. Per i giudici l’istanza è “del tutto infondata”
Si è concluso con un nulla di fatto il ricorso presentato dal candidato alla presidenza della Romania, il filorusso George-Nicolae Simion, uscito sconfitto dalle urne lo scorso 18 maggio, che chiedeva l’invalidazione e quindi la ripetizione delle elezioni. La Corte costituzionale di Bucarest ha infatti annunciato di aver respinto il ricorso, giudicandolo “del tutto infondato”. A presentarlo era stato il candidato populista di destra dell’Alleanza per l’Unificazione della Romania (AUR).
Romania, la Corte costituzionale respinge il ricorso del candidato Simion che chiedeva l’annullamento delle elezioni. Per i giudici l’istanza è “del tutto infondata”
A darne notizia è stata la stessa Corte con un comunicato, in cui si legge che i giudici, “nell’ambito delle proprie competenze relative alla procedura per l’elezione del presidente della Romania, hanno esaminato il ricorso volto all’annullamento dell’elezione del presidente della Romania al secondo turno di votazione del 18 maggio 2025, presentato da George-Nicolae Simion”, ma che “a seguito della discussione, la Corte ha unanimemente respinto la richiesta di annullamento in quanto infondata”.
Simion, come emerso nei giorni scorsi, aveva depositato alla Corte costituzionale un ricorso di quasi venti pagine, sostenendo che le elezioni di maggio fossero state truccate e influenzate da uno Stato straniero, senza però fornire alcuna prova a sostegno delle accuse.
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Guerra Ucraina
La guerra Ucraina-Russia in Spagna e i due soldati italiani morti al fronte per Kiev
Cinque colpi di pistola. L’ultimo alla testa, una volta che il corpo era riverso a terra. È così che è stato ucciso Andriy Portnov, ex consigliere di Viktor Yanukovitch, presidente ucraino che venne deposto nel 2014 dopo le rivolte di Euromaidan. L’omicidio è avvenuto a Pozuelo de Alarcon, ricchissimo comune alle porte di Madrid e rifugio dell’alta borghesia della capitale, in pieno giorno.
Chi ha ucciso Portnov?
Portnov aveva appena lasciato le sue due figlie all’American School, quando un commando di assalitori è arrivato sul luogo del delitto a bordo di alcune motociclette e lo ha freddato mentre saliva sulla sua Mercedes nera. Poi gli assassini sono fuggiti dentro una boscaglia e hanno fatto perdere le tracce. Una vera e propria esecuzione, di cui ora gli investigatori spagnoli stanno cercando di capire quale possa essere l’origine. Secondo le prime ricostruzioni, tutto sembrerebbe ricondurre a un regolamento di conti in ambito criminale. Ma la vita del politico non può fare escludere anche strade ulteriori, quelle che fanno riferimento al mondo dei servizi segreti. Portnov è stato per cinque anni, tra il 2010 e il 2014, il vicecapo dell’ufficio presidenziale di Yanukovitch, con molti legami con la Russia, in cui ha vissuto per anni dopo la fuga dall’Ucraina.
La guerra Russia-Ucraina in Spagna
L’intelligence di Kyiv, che lo accusava di avere avuto un ruolo nella conquista della Crimea da parte di Mosca, aveva aperto un’inchiesta a suo carico per alto tradimento già nel 2018, per poi chiuderla un anno dopo. E anche il Dipartimento di Stato americano e l’Unione europea si erano interessati alla sua figura. Inoltre, c’è anche il luogo del delitto: la Spagna. Un Paese che è stato al centro di episodi simili legati alla guerra russo-ucraina, alle lotte di potere interne e alle rese dei conti trasversali. Subito dopo l’invasione, a Lloret de Mar, furono ritrovati morti Sergei Protosenyan, ex manager della russa Gnl Novatek, e con lui la moglie e la figlia, uccise a colpi d’ascia e coltello senza che fossero ritrovate le armi del delitto.
L’anno scorso, in un garage sotterraneo di Villajoyoa, non lontano da Alicante, venne ucciso a colpi di pistola Maxim Kuzminov, il pilota russo che disertò nel 2023 portando il suo elicottero in una base ucraina. E il passato di Portnov non può fare escludere una pista che faccia riferimento a Kyiv e Mosca e ad alcuni segmenti dei loro apparati più profondi. Nel corso della guerra non sono certo mancati omicidi mirati da parte dei servizi ucraini e questa morte avviene in uno dei momenti più complessi del conflitto, con il presidente russo Vladimir Putin che tratta (o fa finta di trattare) con Donald Trump. E con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che cerca di evitare che la pace si trasformi in capitolazione. Lo “zar”, però, sembra sicuro della sua vittoria e confida nel fatto che i tempi prolungati permettano di arrivare a due risultati: aumentare la frustrazione di Trump (per convincerlo a maggiori concessioni) e raggiungere altri obiettivi sul campo di battaglia.
I due italiani morti in Ucraina
Lo stesso dove è stata anche segnalata la morte di due foreign fighter italiani. Uno è Antonio Omar Dridi, di cui è stato confermato il decesso. L’altro, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe Manuel Mameli, 25enne di Cagliari scomparso il 18 maggio e che si ritiene caduto in guerra. Ieri, il Cremlino ha rivelato che Putin aveva visitato il giorno prima il Kursk, la regione che Zelensky aveva deciso di invadere per distrarre truppe russe dal Donbass e usarla come leva negoziale. E il fatto che il capo del Cremlino abbia visitato proprio in questi giorni per la prima volta la regione liberata, è un segnale chiaro non solo per la propaganda interna, ma anche verso i suoi interlocutori all’esterno.
Del resto, nonostante le smentite da parte di Mosca, l’allungamento dei tempi del negoziato qualche effetto lo ha già avuto sulla Casa Bianca. Secondo il New York Times, Trump avrebbe già chiarito sia a Zelensky sia agli altri leader europei che la Russia e l’Ucraina dovranno decidere da sole, senza intermediari, come mettere fine alla guerra. E The Donald vuole soprattutto un riavvicinamento con Mosca. Ieri il segretario di Stato Marco Rubio è stato chiaro. In commissione Affari Esteri della Camera Usa, gli è stato chiaro se Putin fosse considerabile un criminale di guerra. E Rubio ha reagito dicendo: “Non è una risposta semplice”. Una frase che ha confermato la strategia della Casa Bianca. “Il nostro obiettivo è porre fine a questa guerra”, ha detto Rubio, “e per farlo dobbiamo poter parlare con entrambe le parti”.
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Mondo
Sparatoria davanti al museo ebraico di Washington: morti due membri dell’ambasciata israeliana. L’attentatore è stato arrestato
Due dipendenti dell’Ambasciata israeliana a Washington sono stati uccisi durante una sparatoria nella serata di mercoledì 21 maggio, davanti al Capital Jewish Museum, mentre all’interno si stava svolgendo un evento organizzato dall’American Jewish Committee. Le vittime, un uomo e una donna, sono state colpite a bruciapelo da un uomo che, secondo le autorità, avrebbe agito da solo. L’episodio è stato immediatamente definito da fonti ufficiali come un “atto di odio”.
Il sospettato, identificato come Elias Rodriguez, 30 anni, originario di Chicago, è stato arrestato poco dopo la sparatoria. Secondo quanto riferito da Pamela A. Smith, capo della polizia metropolitana di Washington, l’uomo è stato visto aggirarsi nei pressi del museo nei momenti precedenti all’attacco. Dopo aver aperto il fuoco su un gruppo di persone, uccidendo i due funzionari, si è introdotto nel museo dove è stato bloccato dagli agenti di sicurezza. Durante l’arresto, avrebbe urlato frasi come “Palestina libera”.
Il dramma si è consumato intorno alle 21 ora locale e ha scosso profondamente la capitale americana. Il sindaco di Washington, Muriel Bowser, ha parlato di “un orribile incidente” destinato a generare paura, ma ha assicurato che “non tollereremo atti di terrorismo o d’odio nella nostra città”.
Sparatoria davanti al museo ebraico di Washington: morti due membri dell’ambasciata israeliana
Anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump è intervenuto sulla vicenda, definendo le uccisioni “chiaramente basate sull’antisemitismo” e chiedendo la fine immediata della violenza. “L’odio e il radicalismo non hanno posto negli Stati Uniti. Le mie condoglianze alle famiglie delle vittime. È così triste che possano accadere cose simili!”, ha scritto su Truth Social.
Secondo l’ambasciatore israeliano a Washington, Yechiel Leiter, le due vittime formavano una giovane coppia “sul punto di fidanzarsi”. Il ragazzo, ha raccontato commosso, “aveva comprato un anello questa settimana e intendeva chiedere alla sua compagna di sposarlo la prossima settimana a Gerusalemme. Era una coppia meravigliosa”.
Kristi Noem, segretario della Sicurezza interna, ha definito l’attacco “insensato” e ha invitato a pregare per le famiglie colpite. Sulla scena sono intervenuti anche il procuratore generale Pam Bondi e il procuratore statunitense ad interim per Washington, Jeanine Pirro.
Le indagini sono ancora in corso, ma al momento le autorità non escludono la matrice antisemita dell’attentato, mentre l’intera comunità diplomatica ebraica – e non solo – piange due giovani vite spezzate da un gesto di violenza che riaccende l’allarme sull’odio e il radicalismo.
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