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Meloni in passerella da Trump. Ma l’Ue l’ha già commissariata

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Giorgia Meloni ha preso ieri il volo per Washington. Oggi è attesa alla Casa Bianca per l’incontro con il presidente americano Donald Trump. La visita di Meloni è formalmente un incontro bilaterale ma la premier è stata di fatto commissariata dall’Unione europea o meglio Bruxelles l’ha avvertita. Niente fughe in avanti a titolo personale.

L’avvertimento di Ursula a Giorgia

Nei giorni scorsi, e anche martedì sera prima della partenza, Meloni ha sentito Ursula von der Leyen. La presidente della Commissione europea e la premier italiana “hanno coordinato questa visita” a Washington, ha detto la portavoce della Commissione europea, Arianna Podestà.

“Come abbiamo già detto più volte, qualsiasi contatto con l’amministrazione statunitense è ben accetto. Lo ha detto la presidente stessa. Certo, la competenza negoziale spetta alla Commissione”, ha sottolineato la portavoce.

“Quando si va un tavolo di trattative – ha ammesso il ministro Tommaso Foti – , le trattative si chiudono, e le chiuderà ovviamente l’Europa”.

Un ‘coordinamento’ è stato fatto anche all’interno del governo, in un vertice alla vigilia con i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini (a cui avrebbe chiesto un paio di giorni di ‘moratoria’ sulle polemiche) e il ministro della Difesa Guido Crosetto.

Secondo Crosetto “nel viaggio negli Usa si incontreranno due presidenti, che dovranno parlare di molte cose e non credo proprio si parlerà di armi, non penso proprio che il tema centrale in questo momento sia l’acquisto di armi dagli Usa. I due presidenti parleranno di cose importanti e non banali, e non capisco perché il discorso su armi e gas sia stato banalizzato così sulla stampa italiana”.

Sul tavolo armi, gas e la questione con la Cina

Sarà, ma sul tavolo ci sarà anche l’impegno a incrementare le spese militari (Trump chiede il 5% a tutti i Paesi Nato, l’Italia è ben sotto il 2) e a estendere ulteriormente l’acquisto di Gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Usa.

Il confronto si allargherà alle partnership industriali, al rapporto con la Cina e, naturalmente, la guerra in Ucraina.

“In questi anni, anche grazie alla collaborazione con le organizzazioni agricole, abbiamo dimostrato che abbiamo a cuore i produttori e che la nostra priorità è sempre stata quella di facilitare il loro accesso ai mercati, promuovere la qualità italiana e ridurre le barriere che ostacolano la nostra capacità di crescere. Continueremo in questa direzione, anche e soprattutto in questa fase tanto complessa quanto in rapida evoluzione, nella quale è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza, lavorare con pragmatismo”, ha detto Meloni prima di partire in un videomessaggio inviato all’Assemblea generale del Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano.

Un azzardo per Meloni sarebbe rompere con Pechino

Ma fermiamoci un attimo sui rapporti con la Cina. Una delle condizioni che il presidente Usa presenterà nei negoziati con oltre 70 paesi per dazi più lievi sarà quella di isolare la Cina, riferisce il Wall Street Journal.

Ma l’Italia di Meloni, pur avendo scelto di non confermare la via della Seta, corre un rischio grosso qualora promettesse a Trump una linea più dura con Pechino.

“Io non voglio – afferma la vicepresidente del Movimento 5 Stelle Chiara Appendino – che il Governo italiano scelga tra la Cina e gli Stati Uniti, io voglio che difenda gli interessi nazionali. Diciamo le cose come stanno: se la Cina è uno dei Paesi con la maggior quantità di terre rare al mondo – ed è così – io ci devo avere a che fare, se abbiamo una bilancia commerciale da 70 miliardi tra import e export io ci devo avere a che fare perché devo tutelare non solo le nostre aziende che esportano ma anche i nostri consumatori che importano. Veramente vogliamo pensare che l’Italia non possa avere una politica estera e una politica economica autonoma? Che debba scegliere tra Washington e Pechino? Qui bisogna diversificare i mercati, cioè non essere succube né di Washington né di Pechino. Io voglio che la Presidente del Consiglio porti gli interessi dell’Italia, con la schiena dritta e non con il capo chino, non mi sembra di chiedere tanto”.

Una visita con “una posta in gioco molto alta”, dove Giorgia Meloni “rischia il suo capitale politico in Europa e in patria per un incontro dai possibili esiti negativi” Cosi’ il New York Times e il Washington Post presentano l’atteso bilaterale alla Casa Bianca. Manca poco per scoprirlo.

 

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Trump abbandona Zelensky, all’Ucraina resta solo il sostegno dell’Unione europea

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Archiviato il G7 in Canada senza alcuna dichiarazione congiunta per condannare Mosca e sostenere l’Ucraina, la guerra tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky prosegue senza esclusione di colpi. Come accade ormai da settimane, complice il silenzio dell’Occidente – la cui attenzione è tutta rivolta al conflitto mediorientale – le forze russe hanno lanciato nuovi, pesantissimi bombardamenti su diverse città ucraine, causando decine di feriti.

Allo stesso tempo, hanno conquistato il villaggio di Dolgenkoe nella regione di Kharkiv e l’insediamento di Novonikolayevka nella regione di Sumy. Un’avanzata apparentemente inarrestabile, favorita da quello che appare come il tanto temuto disimpegno americano: Washington ha infatti interrotto la fornitura di nuovi pacchetti di aiuti militari, mentre l’Unione Europea sta tentando di colmare il vuoto con annunci quasi quotidiani di invii di armi a Kiev.

All’Ucraina resta solo il sostegno dell’Unione europea

A Bruxelles, la convinzione – ribadita dalla portavoce dell’Ue per gli Affari esteri, Anitta Hipper – è che “la Russia mente, perché è evidente da tempo che non vuole la pace”. Una tesi pienamente condivisa dall’Alta Rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, che, intervenendo nella plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo, ha rilanciato la linea dura dell’Europa, sostenendo che “il nostro continente si trova in un mondo che diventa ogni giorno più pericoloso”, soprattutto a causa della Russia, che “rappresenta una minaccia a 360 gradi nel mondo”.

Una posizione che ha portato Kallas ad affermare: “Ogni sanzione indebolisce la capacità della Russia di combattere questa guerra. Non fatevi ingannare. Grazie alle sanzioni dell’Unione Europea, la Russia ha perso decine di miliardi di euro di entrate petrolifere. Il suo fondo sovrano è diminuito di 6 miliardi solo lo scorso mese. Le sanzioni agiscono in parallelo. L’Unione Europea è il principale fornitore di supporto all’Ucraina, inclusi oltre 50 miliardi di euro di assistenza militare”.

Tuttavia, anziché cercare una mediazione tra le parti – tanto più alla luce del vuoto lasciato da Washington – Bruxelles continua a preferire una retorica che molti definiscono “guerrafondaia”. A ribadirlo è la stessa Kallas che, lapidaria, ha dichiarato: “Se non aiutiamo Kiev, dobbiamo iniziare a imparare il russo”. Parole che hanno infiammato l’Aula, suscitando proteste da parte di numerosi eurodeputati che non ritengono evidente la minaccia russa all’Europa. Kallas ha risposto: “Qualcuno ha detto che la Russia non ha motivo di attaccare la Nato. Ma la Russia non aveva alcun motivo per attaccare l’Ucraina, né la Siria, né la Georgia. La lista è lunga. Dobbiamo prepararci”.

Bruxelles suona la carica

Il sostegno all’Ucraina di Zelensky, secondo fonti qualificate citate dall’Ansa, si arricchirà presto di un nuovo capitolo con l’European Defence Industrial Program (EDIP). Il piano, presentato dalla Commissione Ue nel marzo 2024 per rafforzare la base industriale del settore bellico europeo, dovrebbe essere approvato lunedì prossimo dal Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper).

Una misura su cui, tuttavia, l’Ue si sta spaccando: ben dieci Paesi – Olanda, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Bulgaria, Romania, Ungheria, Slovacchia e Finlandia – hanno voluto mettere a verbale una dichiarazione di contrarietà. “Le nostre preoccupazioni riguardano principalmente la limitata flessibilità della cooperazione industriale con Paesi terzi non associati, in particolare le norme restrittive relative ai subappaltatori di tali Paesi e le restrizioni alla produzione su licenza, che impongono vincoli significativi”, si legge nel documento.

“Pur non volendo ostacolare l’avvio del dialogo con il Parlamento europeo dopo oltre un anno di negoziati in seno al Consiglio – prosegue la dichiarazione – desideriamo sottolineare che il quadro di ammissibilità deve rimanere praticabile e riflettere la realtà delle minacce odierne e il panorama industriale della difesa. Riteniamo che una maggiore flessibilità colmerà il divario tra le esigenze immediate in termini di capacità e l’indipendenza strategica a lungo termine dell’Europa, rafforzando così la sua base industriale”.

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Ma chi è il matto?

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Trump ha sconcertato tutti dicendo che vorrebbe la Russia e anche la Cina nel G7. Non ho ancora capito se è un pazzo o un furbo di sette cotte.
Ilde Kestler
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Gentile lettrice, non è importante sapere se la stravaganza, diciamo così, di Trump sia un fatto connaturato alla fisiologia dell’individuo o una tecnica del caos controllato. L’importante è capire che la politica egemonica americana è sempre uguale a sé stessa: usare la frusta con l’Europa per tenerla in servitù e sottomettere gli altri con la forza delle armi o la forza economica (sanzioni). L’unica differenza è metodologica. Trump enuncia la strategia con bastone e carota, minacce, adulazioni, dazi, tasse mercantili, ecc. Biden invece lo faceva con fatti sottaciuti ma chiarissimi: fu lui a innescare la crisi ucraina nel 2014 col colpo di Stato a Kiev pilotato dalla “sua” Nuland e poi nel 2021 negando a Mosca un negoziato, e fu lui ad annunciare (7 febbraio 2022) e ordinare (26 settembre 2022) il sabotaggio dei Nord Stream, come descritto millimetricamente dal premio Pulitzer Seymour Hersh. Cambiano i metodi insomma, ma il piano è lo stesso. È indiscutibile che l’obiettivo finale sia il salasso della Russia e infine l’assalto alla preda grossa, la Cina. Questo naturalmente lo sanno sia Putin che Xi. Non a caso Pechino fornisce un sostegno a Mosca nella guerra e non a caso dal 2003 fabbrica 100 nuove atomiche l’anno. Russia e Cina insieme resisteranno o insieme cadranno. Attorno a loro si sta coagulando un magma che è ancora fluido (Nord Corea, Sudafrica e altri), ma costituisce il seme d’una futura alleanza anti Nato e anti unipolarismo.

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Khamenei smentisce incontri. E sfida il “guerrafondaio” Trump

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Si alza la tensione tra l’Iran e gli Stati Uniti mentre il presidente americano non ha ancora deciso, o quantomeno non ha ancora comunicato, se entrerà in guerra con Israele contro Teheran. “Potrei come non potrei attaccare l’Iran”, ha detto Donald Trump. Che ha annunciato di aver offerto all’Iran l’”ultimatum definitivo”.

Ali Khamenei si è rivolto alla nazione con un messaggio alla tv sfidando Israele e Stati Uniti. Per oltre 9 minuti il capo della teocrazia ha accusato “il nemico sionista” di aver “commesso un errore e un grave crimine” bombardando l’Iran, ma ha assicurato che sta subendo in rappresaglia una “punizione severa” che “lo ha indebolito”. E ne è prova il fatto che “i suoi amici americani sono entrati in scena”. Quindi, l’avvertimento a Trump: “Ci ha minacciato apertamente con una dichiarazione inaccettabile, chiedendo di arrenderci”, ma “qualsiasi intervento militare da parte” americana “causerà senza dubbio danni irreparabili”.

Ali Khamenei si è rivolto alla nazione con un messaggio alla tv sfidando Israele e Stati Uniti

La missione iraniana presso l’Onu ha poi replicato alle parole di Trump secondo cui Teheran avrebbe contattato Washington chiedendo un incontro alla Casa Bianca. “Nessun funzionario iraniano ha mai chiesto di strisciare ai cancelli della Casa Bianca”, ha affermato. “L’unica cosa più spregevole delle sue bugie è la sua codarda minaccia di ‘eliminare’ la Guida Suprema dell’Iran. L’Iran non negozia sotto costrizione, non accetterà la pace sotto costrizione, e certamente non con un guerrafondaio”.

La Russia mette intanto “in guardia” Washington da un ingresso diretto nella guerra con l’Iran a sostegno di Israele, avvertendo che questo “destabilizzerebbe radicalmente l’intera situazione”. Un monito che, insieme alla condanna dei giorni scorsi come “categoricamente inaccettabili” dei bombardamenti dello Stato ebraico, segna il punto più alto delle dichiarazioni di Mosca in difesa della alleata Teheran. Ma allo stesso tempo il Cremlino si mostra attento a non irritare l’amministrazione Usa di Trump.

È un fatto che il vertice del G7 in Canada si sia chiuso senza una dichiarazione congiunta sull’Ucraina, secondo i media a causa dell’opposizione del presidente Usa. E prima di lasciare in anticipo la riunione – cosa che ha fatto saltare un incontro in programma con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky – l’inquilino della Casa Bianca ha messo in chiaro che non intende per il momento adottare nuove sanzioni nei confronti della Russia.

Putin si sarebbe offerto ancora una volta di mediare tra le parti in conflitto. Offerta però rispedita al mittente da Trump.

Putin si sarebbe offerto ancora una volta di mediare tra le parti in conflitto. Offerta però rispedita al mittente da Trump. “Io gli ho detto: ‘Fammi un favore. Media le tue cose. Vladimir, prima mediamo sulla Russia. Potrai preoccuparti di questo più tardi’”, ha detto Donald.

In un’intervista concessa alla Cnn, intanto, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, ha dichiarato che l’agenzia “non ha prove” che dimostrino che l’Iran sia impegnato in uno “sforzo sistematico” per dotarsi di armi nucleari.

L’Aiea non ha le prove che l’Iran si stia dotando dell’atomica

“E’ uno scoop che dovrebbe aprire tutti i giornali online e tutti i telegiornali, e che invece è passata sotto silenzio perché smentisce clamorosamente la propaganda che in queste ore sostiene l’attacco di Israele all’Iran. Il direttore generale dell’Aiea ha dichiarato che non c’è nessuna prova che l’Iran si stia dotando di un’arma nucleare. La stessa cosa che sostiene la Cia e tutta l’intelligence americana, ma l’opposto di quello che dicono Netanyahu e Trump per giustificare la loro aggressione contro l’Iran. Nessuno vuole difendere il regime iraniano, ma è giusto difendere la verità per non rimanere imprigionati dalle bugie della propaganda”, hanno affermato i capigruppo M5S delle Commissioni Difesa di Senato e Camera, Bruno Marton e Marco Pellegrini.

Ma quanto sta succedendo tra Israele e Iran non deve far passare sotto silenzio la mattanza in corso a Gaza da parte del governo di Benyamin Netanyahu. Su cui l’Europa è completamente afona.

“Parlate come se io fossi l’unica responsabile di quello che succede a Gaza. Io non rappresento me stessa qui, io rappresento 27 Stati membri, se spettasse a me decidere personalmente io una decisione la prenderei ma non lo posso fare perché rappresento 27 Stati membri e serve l’unanimità”. Lo ha detto l’Alto rappresentante Ue Kaja Kallas, intervenendo al dibattito al Parlamento europeo sulla necessità di prendere misure contro Israele.

“Questa è la mia frustrazione e se portassi la proposta al Consiglio forse mi sentirei meglio ma so che non passerebbe e mostrerebbe la nostra divisione”, ha detto ancora.

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