Mondo
Le ragioni di Israele non giustificano il massacro in corso a Gaza
Quello in atto a Gaza è un massacro. Qualsiasi siano le sue ragioni, giuste o sbagliate, quella che Israele sta portando avanti non è una guerra, ma un massacro senza pietà. Non c’è altro modo di definirlo. E non basta a giustificarlo la volontà di punire Hamas per l’orrore commesso il 7 ottobre…
Mondo
Podcast Globally: Perché il colpo di stato in Niger ci deve preoccupare
Francesco Rocchetti, Segretario Generale ISPI, e la giornalista Silvia Boccardi parlano con Luca Raineri, ricercatore presso la Scuola Sant’Anna, del colpo di stato che ha rovesciato il governo del Niger e delle conseguenze che porterà nel Sahel e a livello mondiale.
Globally è il podcast di ISPI e Will sulla politica internazionale. Ogni settimana, cercheremo di dare gli strumenti per analizzare e orientarci tra scenari sociali, economici e politici in continuo mutamento, in soli 15 minuti.
Dalla guerra in Ucraina all’impatto delle sanzioni, dall’ascesa della Cina alla geopolitica dei semiconduttori, dall’invasione russa dell’Ucraina alle sfide della transizione ecologica, i temi più caldi dell’attualità internazionale nelle scorse puntate di Globally.
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Libano e Gaza, due guerre diverse per Israele
Se il cessate il fuoco sarà confermato anche nei giorni successivi la sua entrata in vigore, quella che appare chiara è la sconfitta militare di Hezbollah. E di conseguenza la vittoria di Israele: sanguinosi, con modalità e bilanci di vittime libanesi simili a quelli palestinesi di Gaza, lo stato ebraico ha raggiunto i suoi obiettivi politici.
L’accordo continua ad avere ancora alcuni punti oscuri: chi interviene se una delle due parti provoca un incidente nei 60 giorni stabiliti di attuazione del compromesso? L’esercito libanese dovrebbe prendere il controllo della frontiera con la Siria da dove passavano le armi iraniane per Hezbollah; e soprattutto presidiare il Sud del Libano. Ma alcune brigate dell’Armée sono sciite e molti sostengono Hezbollah. Infine, è quasi fatale che a Sud del fiume Litani i caschi blu dell’Unifil debbano allargare le loro competenze: i paesi che forniscono i militari (Italia compresa) lo vorranno fare?
I bombardamenti israeliani hanno inflitto colpi pesanti al sistema di potere e alle capacità militari di Hezbollah. Forse è solo a tempo determinato ma a questo assomiglia l’accordo: a una resa. Non sarebbe stata possibile senza il consenso di Teheran, del quale il movimento libanese è sempre stato il più disciplinato nella galassia pro-iraniana della regione.
Appare difficile che Hezbollah, spinto da ambizioni regionali, accetti di diventare un partito politico con un’agenda solo libanese. Ma non sarebbe la prima organizzazione armata a prendere questa strada: già lo fece l’Olp palestinese. Nella demografia settaria del Libano, da tempo gli sciiti sono maggioranza relativa: partecipando alle elezioni Hezbollah diventerebbe il primo partito in Parlamento. La sua influenza continuerebbe ad essere grande.
Questi sono i lati incerti della medaglia di un accordo che, se rispettato, è comunque importante, apparentemente solido, capace di fermare la guerra e stabilizzare il Libano. Potrebbe essere un modello per l’altro conflitto del Levante, quello di Gaza? La pioggia di razzi su Israele, sosteneva Hezbollah, era il suo modo di essere solidale con l’aggressione israeliana nella striscia.
Tuttavia, è illusorio che il primo cessate il fuoco sia il prodromo di un secondo. Le due guerre sono diametralmente diverse. Almeno dopo la pace di Camp David con l’Egitto del 1978, Israele ha sempre cercato un compromesso con i paesi arabi: l’Egitto appunto, la Giordania, gli accordi di Abramo, la miriade di impliciti riconoscimenti attraverso gli uffici d’interesse economico. Prima del massacro di Gaza anche l’Arabia Saudita lo desiderava.
I palestinesi sono un’altra storia: vivono sulla stessa terra degli israeliani ed entrambi la rivendicano. Fino a che non avrà una frontiera orientale definita, Israele resterà uno stato incompiuto. Fisserebbe il confine una volta per tutte la nascita di uno stato palestinese ma gli alleati estremisti di Netanyahu farebbero cadere il governo. Oppure Israele potrebbe annettere la Cisgiordania, come vuole il governo di estrema destra di Netanyahu. In questo caso la frontiera che arriverebbe al fiume Giordano, non sarebbe riconosciuta dalla comunità internazionale.
In Libano Israele era entrato con lo scopo politico di sollevare le comunità cristiane e sunnite libanesi, stanche dei conflitti di Hezbollah; offrire un percorso negoziale alla comunità internazionale e far rispettare le risoluzioni Onu.
A Gaza no, il suo scopo è fondamentalmente opposto. Israele non ascolta le deliberazioni delle Nazioni Unite e nessun progetto politico accompagna un intervento militare che sembra senza uscita. L’unico obiettivo politico “forte” rilevabile è la ricolonizzazione della striscia, pretesa dagli estremisti al potere.
È paradossale che il governo Netanyahu stia liberando il Libano dai suoi sequestratori di Hezbollah: finalmente entro 60 giorni il parlamento di Beirut potrà eleggere un presidente. Mentre a Gaza ignora il destino di un centinaio di ostaggi israeliani ancora nei tunnel di Hamas.
Solo i più estremisti del movimento già abbastanza estremista dei coloni nazional-religiosi, pensano che Eretz Israel debba arrivare fino a Sidone. Una parte della frontiera fra i due paesi è ancora contesa ma Israele si è ritirato completamente dal Libano nel 2000. È invece probabile che le brigate dell’esercito che non dovranno più combattere a Nord, siano spostate a Gaza e soprattutto nella Cisgiordania occupata. Daranno respiro e speranze al Libano ma continueranno a reprimere, distruggere e uccidere qualche terrorista e la maggioranza dei civili palestinesi innocenti.
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Mondo
Kim Jong-un continua ad armare la Corea del Nord: da immagini satellitari spunta la costruzione di una gigantesca nave da guerra
Davanti alle tensioni globali, la Corea del Nord di Kim Jong-un continua ad armarsi. Dall’analisi di alcune immagini satellitari, secondo quanto riporta la CNN, diversi esperti militari si sono detti certi che il regime di Pyongyang stia sviluppando la più grande nave da guerra del Paese asiatico, forse più del doppio di qualsiasi altra unità della flotta a disposizione di Kim Jong-un.
Le immagini satellitari, scattate il 6 aprile dai fornitori indipendenti Maxar Technologies e Planet Labs, mostrano la nave in costruzione nelle acque del cantiere navale di Nampo, sulla costa occidentale della Corea del Nord, a circa 60 chilometri (37 miglia) a sud-ovest della capitale Pyongyang.
Kim Jong-un continua ad armare la Corea del Nord: da immagini satellitari spunta la costruzione di una gigantesca nave da guerra
Secondo gli analisti, le immagini evidenziano la costruzione di armamenti e di altri sistemi interni dell’imbarcazione, che con ogni probabilità è una fregata a missili guidati (FFG), progettata per trasportare missili in tubi di lancio verticali da utilizzare contro obiettivi terrestri e marittimi.
«La FFG è lunga circa 140 metri, il che la rende la più grande nave da guerra mai prodotta in Corea del Nord», si legge in un’analisi di Joseph Bermudez Jr. e Jennifer Jun del Center for Strategic and International Studies, riportata dal sito della CNN.
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