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Mondo

“La Russia vuole condizionare le elezioni europee”: Bruxelles istituisce una task force

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Il premier belga De Croo, presidente di turno del Consiglio Ue, ha annunciato l’avvio di un meccanismo di crisi per fermare le interferenze di Mosca in vista del voto di giugno. Sullo sfondo l’inchiesta sulla presunta corruzione di politici da parte del Cremlino attraverso un media filo-russo

L’Unione europea istituirà una task force per proteggere le elezioni europee di giugno dai tentativi di influenza da parte della Russia dopo che un’inchiesta ha denunciato un presunto caso di corruzione all’interno dell’Eurocamera da parte di un media considerato vicino al Cremlino. Lo ha annunciato il premier belga Alexander De Croo, attuale presidente di turno del Consiglio Ue.

La scorsa settimana, su segnalazione della Repubblica ceca, la procura federale belga ha aperto un’indagine per far luce sulle attività di Voice of Europe, quotidiano online vicino alla destra europea. Il sito del quotidiano è stato chiuso dalle autorità ceche dopo che l’intelligence aveva segnalato l’esistenza di fondi che sarebbero stati elargiti da Mosca attraverso Voice of Europe a politici di sei Paesi europei, tra cui l’AfD, il partito tedesco che all’Eurocamera siede nel gruppo parlamentare della Lega.

Tra i politici ci sarebbero anche alcuni eurodeputati, da qui l’apertura di un fascicolo anche in Belgio, sede delle istituzioni Ue. Nell’attesa che le indagini chiariscano o meno le eventuali responsabilità del media e dei politici, De Croo ha ritenuto necessario attivare un meccanismo di protezione delle prossime elezioni europee, che in Belgio coincideranno anche con le elezioni nazionali e locali. “Nei due mesi che ci separano dalle elezioni sarà istituito un gruppo di lavoro speciale”, ha annunciato il primo ministro. “Si tratterà di osservare queste manovre russe, analizzarle e trasmettere le informazioni alle autorità e ai servizi segreti nazionali”, ha aggiunto.

Questa “task force” unirà le risorse del Servizio europeo per l’azione estera, del Parlamento europeo e della presidenza belga del Consiglio Ue. La presidenza belga attiverà l’Ipcr (Integrated political crisis response), un meccanismo europeo che serve a coordinare la reazione dei 27 Stati membri in caso di crisi su larga scala. L’Ipcr è stato attivato durante il Covid, la crisi energetica e l’invasione dell’Ucraina.

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Europa

Viktor Orbán: la deriva autoritaria dell’Ungheria e la minaccia all’unità europea

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Viktor Orbán la deriva autoritaria dell'Ungheria e la minaccia all'unità europea

Sotto la crescente pressione per mantenere il potere, il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán rispecchia sempre più le tattiche di Vladimir Putin: consolidamento del controllo attraverso la propaganda, indebolimento delle istituzioni democratiche e creazione di nemici sia interni che esterni.

Di fronte a un calo di consensi – i sondaggi recenti mostrano il partito d’opposizione “TISZA” in vantaggio rispetto al suo partito Fidesz – Orbán ha avviato una stretta contro il dissenso. I partiti d’opposizione vengono dipinti come minacce alla sicurezza nazionale, mentre la società civile è sottoposta a pressioni crescenti. Una nuova legge, la “Legge sulla Trasparenza della Vita Pubblica”, prende di mira le ONG – in particolare quelle con finanziamenti esteri – con l’obiettivo di mettere a tacere le voci indipendenti sotto il pretesto dell’interesse nazionale.

Il recente arresto di due ungheresi etnici in Ucraina con l’accusa di spionaggio è stato immediatamente strumentalizzato dalla macchina propagandistica di Orbán. Senza prove chiare, ha usato l’incidente per alimentare il sentimento nazionalista e mobilitare la sua base, dipingendo l’Ungheria come una nazione assediata.

Allo stesso tempo, la posizione geopolitica di Orbán diventa sempre più preoccupante. La sua retorica irredentista di lunga data nei confronti della regione ucraina della Transcarpazia, insieme alle richieste di diritti speciali per la minoranza ungherese, mina la sovranità ucraina. Le notizie sull’attività dell’intelligence ungherese nella regione rafforzano ulteriormente i timori di destabilizzazione.

La sua aperta sfida all’Unione Europea – bloccando decisioni chiave, indebolendo le sanzioni contro la Russia e abbracciando la narrazione del Cremlino – ha trasformato l’Ungheria in un “cavallo di Troia” all’interno dell’Unione. Nonostante tragga vantaggio dai fondi europei, il suo regime erode attivamente i valori dell’UE, lo stato di diritto e la coesione regionale.

Il suo obiettivo è chiaro: trasformare l’Ungheria in una “democrazia controllata” simile a quella della Russia di Putin, ma all’interno del quadro istituzionale dell’Unione. Se Bruxelles continua a esitare, rischia di legittimare un’autocrazia nel cuore dell’Europa. Le azioni di Orbán richiedono una risposta ferma e coordinata – a partire dalle misure previste dall’articolo 7 – per difendere i principi europei e prevenire ulteriori sabotaggi interni.

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Mondo

Cpi, il procuratore capo Khan si autosospende: è indagato per abusi sessuali

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Si è autosospeso il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan: da novembre è indagato per presunte molestie sessuali. Il suo ufficio ha fatto sapere che il procuratore ha annunciato la decisione “di prendersi un congedo in attesa della conclusione del procedimento” che viene portato avanti dagli inquirenti delle Nazioni Unite.

Lo scandalo risale a circa sei mesi fa: l’organismo di controllo interno della Cpi comunicò di aver chiesto un’indagine esterna sulle accuse di “presunta cattiva condotta” del procuratore capo. Non vennero però forniti altri dettagli, ma secondo alcuni media Khan sarebbe stato accusato per comportamenti sessuali inappropriati nei confronti di un membro del suo staff. Le accuse sono sempre state rigettate da Khan.

In questi mesi il procuratore generale è stato incalzato da diverse Ong e anche da alcuni membri della Corte, che gli hanno chiesto di ritirarsi o sospendersi. La scorsa settimana avrebbe incontrato gli investigatori delle Nazioni Unite in una udienza forse finale dell’indagine e poi avrebbe deciso di ricorrere al congedo.

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Mondo

Mosca e Kiev tornano a parlarsi, ma senza Putin e Zelensky i negoziati in Turchia sono destinati al fallimento

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Sono iniziati questa mattina e stanno proseguendo a oltranza i negoziati tra Mosca e Kiev a Istanbul, in Turchia. L’incontro tra le delegazioni dei due Paesi è cominciato verso le 12, con un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia annunciata in mattinata, e non si è ancora concluso, anche se, poco alla volta, stanno emergendo alcune indiscrezioni. Come facilmente intuibile dall’assenza di Vladimir Putin e di Volodymyr Zelensky, si tratta di un primo incontro non destinato a concludersi con un accordo. Questo, però, non significa che si tratti di un vertice inutile, poiché ha permesso ai due Paesi di tornare a sedersi al tavolo delle trattative dopo la brusca interruzione dei negoziati avvenuta nel 2022.

Mosca e Kiev tornano a parlarsi, ma senza Putin e Zelensky i negoziati in Turchia sono destinati al fallimento

Stando a quanto riferito dal capo dell’ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, la delegazione di Kiev ha le idee chiare su ciò che intende ottenere da questa trattativa.
La priorità dell’Ucraina, spiega il fedelissimo di Zelensky, è raggiungere un “cessate il fuoco incondizionato”, così da avviare “trattative serie” per porre fine alla guerra.
Il problema, secondo l’amministrazione di Kiev, è che la Russia non sembra affatto disposta ad accettare questa condizione, come dimostra il fatto che “Putin ha inviato a Istanbul funzionari che non hanno alcun potere decisionale”.

Poi, nell’evidente tentativo di fare pressioni su Mosca, ha aggiunto che “se al contrario hanno una qualche autorità, l’unico modo per dimostrarlo è accettare di compiere passi reali, in particolare un cessate il fuoco”. Ma non è tutto. Secondo quanto riportato da France Presse, l’Ucraina in queste ore starebbe insistendo con forza affinché venga preparato “un incontro diretto tra il presidente Volodymyr Zelensky e il suo omologo russo Vladimir Putin”.

Parole a cui ha risposto a distanza, durante una pausa nei colloqui, Vladimir Medinsky, capo della delegazione russa, secondo cui “la Russia è pronta a riprendere il processo di negoziazione” ed è aperta “a possibili compromessi”. Quali siano, però, resta un mistero. L’unica certezza, per ora, è che — secondo quanto trapela — il Cremlino avrebbe preso tempo, giudicando “prematuro” discutere di un possibile vertice tra i due leader.

Le reazioni al vertice in Turchia

Mentre la diplomazia muove i primi passi, la Nato e l’Ue criticano duramente la decisione del presidente russo di non partecipare agli incontri in Turchia.
Secondo quanto dichiarato da Ursula von der Leyen, “Putin prima ha chiesto un cessate il fuoco attorno all’anniversario del 9 maggio, ma non lo ha mai rispettato. Poi l’Ucraina ha chiesto un cessate il fuoco di 30 giorni, pieno e incondizionato, che Putin ha respinto, e infine ha offerto un incontro in Turchia. Ma Putin non si è mai presentato. Questo dimostra che Putin non vuole la pace”.

Dura anche la reazione del segretario generale della Nato, Mark Rutte, secondo cui “Putin deve essere serio” nei confronti dei negoziati di pace, perché “è stato un errore inviare una delegazione di basso livello”.

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