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La Cina spaventa l’occidente: primo test di volo per il “drone madre” che potrà lanciare 100 droni in sciame

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La Cina si prepara a testare un nuovo velivolo militare senza pilota che rischia di cambiare il volto della guerra aerea moderna. Si tratta del Jiutian, un gigantesco drone da combattimento in grado di trasportare e lanciare fino a 100 droni più piccoli per attacchi in sciame, una tecnologia che desta crescente preoccupazione tra gli analisti militari e i Paesi della regione indo-pacifica. Il test di volo, secondo quanto riferisce l’emittente statale CCTV, è previsto entro la fine di giugno. Progettato da un’azienda controllata dalla Aviation Industry Corporation of China (AVIC), il più grande costruttore aeronautico del Paese, il drone Jiutian è stato presentato ufficialmente lo scorso novembre in occasione di un salone aeronautico.

Con una apertura alare di 25 metri, sei tonnellate di capacità di carico e otto punti d’attacco per armamenti, il Jiutian è in grado di trasportare bombe guidate da una tonnellata, missili aria-aria, aria-superficie, antinave e droni kamikaze. Ma a rendere davvero rivoluzionario il progetto è la capacità di coordinare autonomamente in volo fino a 100 droni, grazie a un sofisticato sistema radar e all’impiego di intelligenza artificiale.

L’autonomia dichiarata del velivolo è di 7.000 chilometri, con una durata di volo fino a 12 ore: caratteristiche che, in uno scenario di conflitto, gli permetterebbero di raggiungere obiettivi anche molto lontani, comprese le basi statunitensi nel Pacifico, come quella di Guam.

La Cina spaventa l’occidente: primo test di volo per il “drone madre” che potrà lanciare 100 droni in sciame

L’allarme non si limita agli Stati Uniti. Anche il Giappone e altri Paesi della regione guardano con crescente apprensione all’espansione del programma cinese per i droni militari, che si inserisce in un quadro di crescenti tensioni con Taiwan e di confronto strategico nel Mar Cinese Meridionale. Tra i droni già in dotazione all’Esercito Popolare di Liberazione figurano anche il WZ-8, velivolo supersonico utilizzabile per ricognizione e attacco, il drone stealth FH-97A e il Wing Loong 3, con un raggio d’azione superiore ai 10.000 km.

L’investimento della Cina nelle tecnologie unmanned – che uniscono potenza di fuoco, autonomia e coordinamento intelligente – riflette un chiaro obiettivo: ridurre la dipendenza da piloti umani e superare le capacità convenzionali delle flotte rivali. Il volo inaugurale del Jiutian, se confermato nei tempi previsti, rappresenterà un segnale forte per le cancellerie occidentali e una svolta nella proiezione militare cinese nel Pacifico.

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Il Giappone rispolvera la pena di morte: giustiziato per impiccagione il “killer di Twitter”. È la prima esecuzione dopo la legge del 2022

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Il Giappone ha eseguito oggi la prima condanna a morte dall’introduzione della nuova normativa sulla pena capitale del luglio 2022. A renderlo noto sono stati l’emittente pubblica NHK e altri media giapponesi, specificando che l’uomo giustiziato è Takahiro Shiraishi, 34 anni, noto nel Paese come il “killer di Twitter”. Shiraishi era stato condannato a morte nel 2020 per l’omicidio di nove persone, adescate online nel 2017 attraverso i social media. Le vittime, quasi tutte donne tra i 15 e i 26 anni, avevano espresso pensieri suicidi in rete.

L’uomo si era finto un complice pronto ad aiutarle a morire, guadagnandosi la loro fiducia per poi ucciderle brutalmente. Dopo gli omicidi, aveva smembrato i corpi e nascosto i resti nella sua abitazione, in un caso che sconvolse l’opinione pubblica giapponese e fece emergere le zone d’ombra dell’uso dei social tra i più giovani. Durante il processo, la difesa aveva tentato di ottenere l’ergastolo, sostenendo che le vittime avessero acconsentito alla loro morte.

Il Giappone rispolvera la pena di morte: giustiziato per impiccagione il “killer di Twitter”. È la prima esecuzione dopo la legge del 2022

Una tesi respinta dai giudici, che sottolinearono la gravità dei fatti e l’impatto sociale del caso: “La diffusione dei social media e il modo in cui l’imputato li ha usati hanno causato grande ansia nella società”, si leggeva nella sentenza. Shiraishi aveva ammesso tutte le sue responsabilità e si era rifiutato di presentare ricorso. La pena è stata eseguita per impiccagione, unico metodo previsto dalla legge giapponese per l’applicazione della condanna a morte.

Il Giappone è uno dei pochi Paesi sviluppati a mantenere in vigore la pena capitale, riservata ai reati più gravi. Le esecuzioni avvengono in modo riservato e sono comunicate solo dopo essere state eseguite, senza preavviso ai familiari. Con l’impiccagione di oggi, il Paese riapre il dibattito interno e internazionale sull’uso della pena di morte, in particolare nei casi legati a crimini che coinvolgono le piattaforme digitali e la salute mentale.

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Libia e Grecia, si riaccendono le tensioni sui confini marittimi contesi: dialogo difficile tra accuse reciproche e interessi energetici

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Il delicato dossier della demarcazione dei confini marittimi tra Libia e Grecia torna ad agitare le acque del Mediterraneo orientale. Dopo anni di stallo e tensioni crescenti, la Commissione per i confini terrestri e marittimi del Governo di Unità Nazionale libico ha annunciato una visita ad Atene per “rompere il ghiaccio” e riavviare il dialogo interrotto. Ma le dichiarazioni incrociate tra le due sponde del mare sembrano al momento allontanare una soluzione condivisa. A rendere noto il tentativo di riapertura è stato Mohamed El-Harari, capo della Commissione libica, che ha accolto con favore l’intenzione del ministro degli Esteri greco Giorgos Gerapetritis di visitare la Libia per riprendere i colloqui.

El-Harari ha ribadito che la via diplomatica, pacifica e, se necessario, giudiziaria è l’unica strada percorribile per risolvere la disputa, ma ha anche messo in guardia contro “parole che contraddicono i fatti”. Al centro dello scontro vi è la mancata accettazione, da parte di Atene, dell’accordo siglato nel 2019 tra Tripoli e Ankara per la delimitazione delle zone economiche esclusive nel Mediterraneo. Un’intesa duramente contestata da Grecia ed Egitto, che rivendicano diritti sulle stesse aree. Secondo El-Harari, la sospensione del dialogo da parte greca dimostra il mancato riconoscimento dell’accordo turco-libico e l’intenzione di Atene di agire unilateralmente.

Libia e Grecia, si riaccendono le tensioni sui confini marittimi contesi: dialogo difficile tra accuse reciproche e interessi energetici

La Libia accusa la Grecia di aver tentato fin dal 2014 di “imporre il fatto compiuto” approfittando della crisi interna libica, demarcando da sola i confini marittimi nonostante le proteste ufficiali. Una tensione che si è acuita nei giorni scorsi, quando il Ministero degli Esteri libico ha convocato il console greco a Bengasi per protestare contro le recenti dichiarazioni di Gerapetritis, secondo il quale le autorità libiche devono “rispettare il diritto internazionale” ed evitare di proseguire nella cooperazione marittima con la Turchia. In questo clima, ha suscitato nuove frizioni l’annuncio della National Oil Corporation (NOC) libica, che ha firmato un memorandum d’intesa con la Turkish Petroleum Corporation (TPAO) per uno studio geofisico su quattro aree marittime.

Il progetto è stato definito da Tripoli come parte degli sforzi congiunti con Ankara nel settore energetico. A complicare ulteriormente il quadro, la Grecia ha avviato, lo scorso 12 giugno, una gara internazionale per l’assegnazione di licenze di esplorazione e sfruttamento di idrocarburi nelle acque a sud di Creta, un’area che anche la Libia rivendica come parte della propria zona economica esclusiva. Un’iniziativa che ha riacceso le tensioni, riportando al centro della scena internazionale il nodo irrisolto dei confini marittimi. Nonostante il gelo diplomatico, El-Harari ha sottolineato che la Libia sta procedendo con la pubblicazione della propria pianificazione dello spazio marittimo, finalizzata a prevenire conflitti con i Paesi vicini e salvaguardare pace e sicurezza nella regione.

Il contenzioso tra Grecia e Libia, intrecciato con gli interessi turchi e le dinamiche energetiche del Mediterraneo, resta dunque uno dei fronti più complessi della politica estera della regione. Il tentativo di riavviare il dialogo è un primo passo, ma le divergenze restano profonde. E l’equilibrio, ancora una volta, appare appeso a un filo.

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Guerra Ucraina

L’Ue: “Pieno sostegno all’ingresso di Kiev”. Ma l’Ungheria si sfila: “Noi contrari al 95%”

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Bruxelles pronta ad aumentare la pressione sulla Russia, anche con un nuovo robusto pacchetto di sanzioni

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