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Guerra Ucraina

L’Italia s’è persa tra Ucraina e Medio Oriente: sta un po’ con tutti ma conta zero

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Gli ottimisti diranno che, per una volta, il ceto politico che più ama discutere e dividersi, il Parlamento delle baruffe manesche, il paese delle guerre civili per finta, sembra ritrovare l’unità. Ma non sulle riforme o sul premierato o sull’autonomia regionale. E neppure, se è per questo, sulla dieta di Tamberi, l’italianità di Egonu, il testosterone di Imane Khelif. Piuttosto, il paese diventa un sol uomo quando si tratta di assumersi – o, meglio, di non assumersi – le proprie responsabilità.

La fuga dalla realtà

Come oggi, di fronte alle guerre che infuriano a Est e nel Vicino Oriente e che sembrano mettere assieme destra e sinistra, liberali e populisti, europeisti e sovranisti, atlantisti e antioccidentali. Tutti uniti in una sorta di fuga dalla realtà. In una sorta di etica pilatesca. Come dire, ci sono e non ci sono, sono da questa parte ma sono anche dall’altra, sono con i buoni ma anche con i cattivi. Me ne lavo le mani (Matteo, 27, 11-28).

Il ruolo che non c’è

Così è stato per Gaza. All’indomani del 7 ottobre il paese fu con Israele, ma, di fronte alla campagna militare di Tel Aviv contro le roccaforti di Hamas, dimenticò ben presto il pogrom, unendosi al coro antisionista del mondo musulmano, mischiando il tradizionale filoarabismo della destra al terzomondismo anticapitalistico della sinistra. E reagendo alla spietatezza della guerra con un umanitarismo a buon mercato. “Il bombardamento di una scuola è assolutamente inaccettabile”, ha sentenziato Tajani nei giorni scorsi. “Bombardare scuole o ospedali è un crimine di guerra”, si è accodata Schlein. È in atto “uno sterminio sistematico”, ha denunciato Conte. Un paese, una voce sola. Ma un paese che, malgrado i propri interessi materiali e geopolitici nel conflitto, non aspira evidentemente a svolgervi alcun ruolo. Non a caso, quando Macron, Scholz e Starmer sono usciti allo scoperto con una dichiarazione pubblica che sollecitava la fine degli scontri e il rilascio degli ostaggi, nessuno ha chiesto all’Italia di firmare.

Galleggiare nello stagno

E nessuno, si direbbe, appare interessato alla posizione dell’Italia sulla guerra di Putin. Per lo stesso motivo. Perché il suo ceto politico sembra galleggiare nello stagno di una storica deresponsabilizzazione. Incapace di assumersi le conseguenze delle proprie scelte. Nel 2022, da Meloni ai democrat, era sembrato un bastione dell’Occidente filo-ucraino, mettendo a tacere le voci pacifiste della Lega, della sinistra estrema, dei cattolici. Ma è durata poco. Cautele, distinzioni e cavilli si sono moltiplicati quando si è trattato di decidere quale impegno finanziario, quali aiuti militari, quali limitazioni per il loro utilizzo. E le reazioni all’attuale controffensiva di Kiev hanno svelato l’ennesimo retropensiero del Bel Paese, il suo sostanziale rifiuto a sostenere il diritto dell’Ucraina all’autodifesa. Un giro di valzer che lo stesso ministro Crosetto non ha esitato a rendere pubblico, nella consapevolezza, del resto, di rappresentare così l’intero quadro politico nazionale. Nessuno o quasi nessuno gli ha replicato ricordando la differenza tra aggressori e aggrediti. Non Salvini, ma neppure Schlein.

Italiani brava gente

Come per Gaza, quando viene messa di fronte al prezzo delle proprie scelte, l’Italia intera sembra defilarsi più o meno silenziosamente. Sembra rifugiarsi in una (poco gloriosa) Union Sacrée. Dopotutto, c’è o non c’è una Costituzione pacifista? Dopotutto, siamo o non siamo brava gente?

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Guerra Ucraina

I droni drago che sputano fuoco, la nuova arma a base di metallo in polvere dell’esercito ucraino

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Li chiamano i ‘droni drago’ oppure il “Fuoco di Peurn’, dal nome dell’antica divinità slava del tuono, perché così come le creature leggendarie lanciano fiamma al loro passaggio. Chimicamente si tratta di una pioggia fitta di metallo fuso, incandescente, che può incendiare all’istante qualsiasi superficie sulla quale si deposita. È questa la nuova arma dell’esercito ucraino per attacchi precisi, mirati, in grado di spargere velocemente il fuoco su più punti di intere aree geografiche, con estrema precisione.

È la Cnn a spiegare come la miscela sia costituita da un metallo in polvere e un ossido metallico che brucia a temperature fino a 2.200 gradi. Tanti i video pubblicati in queste ore, alcuni dei quali diffusi su Telegram dal ministero della Difesa ucraino, in cui si vedono i droni sorvolare a bassa quota una zona boschiva e lancia getti di fuoco sulla vegetazione formati da una miscela che provoca un incendio istantaneo sul terreno colpito da torrenti di fuoco.

Il rapporto sui droni drago

Nicholas Drummond, analista della difesa ed ex ufficiale dell’esercito britannico, ritiene che il principale impatto dei droni DRAGO ucraini sia soprattutto psicologico piuttosto che fisico. Durante un’intervista alla CNN, ha spiegato che l’Ucraina dispone di risorse limitate per produrre la cosiddetta “effetto termite”, il che ne limita l’uso. Secondo il gruppo britannico Action on Armed Violence (Aoav), che si occupa di difesa dei diritti umani in contesti di guerra, l’Ucraina ha già impiegato termite lanciata dai droni per distruggere i carri armati russi.

La termite viene rilasciata direttamente nei portelli dei veicoli corazzati, sprigionando un calore così intenso da incendiare e devastare rapidamente tutto ciò che trova. Un rapporto dell’Aoav conferma come la combinazione tra precisione e la capacità dei droni di aggirare le difese tradizionali rende questa tecnologia un’arma particolarmente efficace nel contesto bellico attuale.

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