Guerra Ucraina
L’Europa non capisce il sentimento di Kiev
Sarà solo un’impressione ma forse nel momento più delicato della guerra sembra che le due anime dell’Occidente, per ragioni diverse, guardino con una certa distanza ai problemi di Kiev. Mentre la Russia sta mettendo in campo il massimo sforzo bellico per dare una spallata all’esercito ucraino, finora invano, Washington è quasi volontariamente distratta mentre le capitali europee fanno meno di quanto promesso. L’atteggiamento di Donald Trump è ispirato al pendolo: alza la voce, si lancia in qualche velata minaccia, ma poi la rimuove, torna la calma e si concentra solo su Medio Oriente e Venezuela. Si riparla dell’incontro di Budapest con Putin ma sembra quasi che l’inquilino della Casa Bianca guardi con malcelato fastidio alla capacità degli ucraini di resistere: si ha la sensazione che da quelle parti vorrebbero che i russi facessero quei progressi sul campo che tardano a venire per creare le condizioni di una tregua che sancisca il nuovo confine su una linea del fronte che accontenti lo Zar. L’Europa, invece, appare stanca, stremata: le cancellerie europee sanno che non possono tirarsi indietro per non perdere la faccia e darla vinta ad un Putin che potrebbe essere incoraggiato a proseguire nella sua politica aggressiva. Ma i bilanci sono quello che sono, le promesse come la fornitura dei missili taurus dalla Germania sono scritte sull’acqua e l’utilizzo degli asset russi per mille difficoltà tarda a venire. L’unica speranza è che dalla riunione delle diplomazie europee del prossimo 10 dicembre a Leopoli venga una spinta che velocizzi l’adesione di Kiev alla Ue.
Francamente è un po’ poco mentre l’armata rossa è penetrata nella roccaforte di Pokrovosk e punta su Zaporizzja e Kherson. Anche da noi si va avanti con cautela sull’impegno assunto di comprare armi americane da dare a Kiev: dentro il governo Salvini e Giorgetti puntano i piedi e il ministro della difesa Crosetto si rifugia nel “no comment” e intanto cambia il biglietto aereo che doveva portarlo a Washington con quello per Berlino.
Siamo al paradosso: dopo una cascata di parole e un mare di retorica nella fase più cruenta e delicata del conflitto l’Occidente appare più lontano da Kiev. Magari c’è chi pensa che gli ucraini possano stancarsi, ma è un calcolo sbagliato e dimostra solo quanto l’Occidente sia invecchiato e non si renda conto che questa è una guerra ispirata ai valori.
Un conflitto – sta qui il vero errore di Putin – che ha creato e forgiato una nazione. Per gli ucraini questi quattro anni rappresentano una sorta di risorgimento. Come noi quasi due secoli fa combattono per l’indipendenza, la libertà e la democrazia. Mettono in conto anche di perdere pezzi di territorio ma non sono disposti a trattare su un futuro che non salvaguardi quei valori. Soprattutto, non possono accettare l’idea che lo Zar ha mutuato dal Metternich secondo cui l’Ucraina sarebbe solo un’espressione geografica. Ecco perché non si stancheranno mai. Costi quello che costi. Sono i valori che Putin non ha mai conosciuto, che Trump sacrifica al business e al pragmatismo esasperato (Afghanistan) e di cui mezza Europa affetta di populismo e sovranismo ha un pallido ricordo. Valori – rammentiamolo – per i quali anche noi duecento anni fa eravamo disposti a morire.
Guerra Ucraina
Zelensky stretto tra due fuochi: la scelta sulla città assediata e il malcontento per gli scandali
Ora Volodymyr Zelensky è tra due fuochi. Entrambi assai insidiosi. Il primo divora le linee del fronte intorno a Pokrovsk. Il secondo è alimentato dall’uragano politico scatenato dalle accuse di corruzione rivolte a ministri e collaboratori del presidente. In tutto questo i primi ad approfittarne sono i russi ben attenti a esercitare una pressione militare capace di scatenare intensi contraccolpi politici e intaccare la credibilità di un presidente ancora popolare (recenti sondaggi gli attribuiscono consensi intorno al 70%) nonostante scandali e débâcle militari.
Ma partiamo dal tritacarne di Pokrovsk. Su quel fronte le consistenti perdite subite da ucraini e russi hanno valenze e conseguenze assai diverse. Mentre Mosca avanza grazie a una forza di “quasi 150mila uomini” – stime del capo di stato maggiore ucraino generale Oleksandr Syrskyi – Kiev, già in difficoltà nell’assemblare i 50mila difensori originari, è costretta a rimpiazzare caduti e feriti sguarnendo altre zone del fronte difese ormai soltanto dai droni. In tutto ciò le pessime notizie belliche alimentano diserzioni e fughe all’estero fra i giovani in età di leva. “Abbiamo grossissimi problemi per quanto riguarda soldati e risorse umane” ammette il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, sottolineando come questo sia dovuto ai ripetuti rifiuti di Zelensky e del governo di abbassare l’età di leva sotto i 25 anni. Questo secondo Klitschko alimenta il flusso di giovani tra i 18 e i 25 anni in fuga verso un’Europa che, solo lo scorso settembre, ha accolto circa 79mila ucraini, molti dei quali vicini all’età di leva. All’aumento delle diserzioni causato dall’incremento delle perdite si aggiunge l’interrogativo politico strategico sull’utilità di difendere Pokrovsk sino all’ultimo uomo. Come già a Bakhmut nel 2023 Zelensky e i suoi comandanti evitano una ritirata strategica per non venire accusati di cedere il passo ai russi. Il rischio però è che le linee crollino di schianto, come ad Avdiivka nel 2024, rendendo impossibile la difesa e la salvezza di migliaia di uomini imbottigliati da una repentina avanzata russa. Con contraccolpi ancora più devastanti per Zelensky e il già discusso capo di stato maggiore Syrskyi.
Al disastro di Pokrovsk si aggiunge il malcontento per i continui black out causati dai continui raid russi sulle strutture energetiche del Paese. Raid che ora fanno sentire tutto il loro peso. Mentre la popolazione vive al freddo e al buio la Procura anti-corruzione indaga sulle tangenti distribuite con i proventi del martoriato settore energetico. Un’indagine che ieri ha portato alle dimissioni della ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk, del responsabile della Giustizia German Galushchenko e del direttore esecutivo della sicurezza di Energoatom, Dmytro Basov. Dimissioni dai pesantissimi contraccolpi politici perché dimostrano come guerra e ristrettezze non impediscano agli uomini di Zelensky d’intascare mazzette e tangenti.
Tutti elementi che, nei piani del Cremlino, possono spingere Kiev a cedere alle pressioni di quanti confidano più in una trattativa, seppur svantaggiosa, che in una guerra ormai disastrosa.
Guerra Ucraina
Kiev: “Nessuna resa a Pokrovsk”. Caos corruzione, via due ministri
In Ucraina è il caos. Sul campo, dove i russi continuano l’avanzata a Pokrovsk, e dietro le scrivanie, dove l’ennesimo scandalo corruzione scuote il governo, con il presidente Zelensky che cerca di serrare le fila e trovare una soluzione a un caso che non riguarda solo il presente ma anche il futuro dell’Ucraina. Senza il rispetto di parametri stretti l’ingresso in Europa rischia di complicarsi non poco. Ieri sono saltate due teste prestigiose: la ministra dell’Energia Svitlana Grynchuk e quello della Giustizia German Halushchenko che si sono dimessi forzatamente dopo il caso delle tangenti che ha colpito il settore energetico portando all’arresto del direttore esecutivo della sicurezza di Energoatom Dmytro Basov.
«È soprattutto una questione di fiducia. Se ci sono accuse, bisogna rispondere. La decisione di rimuoverli dall’incarico è immediata, la più rapida», ha detto Zelensky aggiungendo che «stiamo attraversando blackout, raid russi, perdite. È assolutamente anomalo che ci siano ancora intrighi nel settore energetico». E a stretto giro sono arrivate le dimissioni richieste. «Ho scritto una lettera di dimissioni ma non ci sono state violazioni della legge nell’ambito delle mie attività professionali», ha detto Grynchuk con la premier Yulia Svyrydenko che ha poi annunciato l’addio anche di Halushchenko. Un caso, comunque, ovviamente sfruttato dal Cremlino per denigrare Kiev. «L’Ue e gli Stati Uniti devono aver preso nota dello scandalo di corruzione in Ucraina, il Cremlino lo ha fatto», ha detto il portavoce Dmitri Peskov, ergendosi su un pulpito che dal basso dell’assenza di libertà in Russia dovrebbe essere assai scomodo.
Il tutto mentre infuria la battaglia di Pokrovsk, certo non decisiva ma parecchio simbolica. Le forze russe stanno inviando altri rinforzi sul campo, con convogli militari necessari a rimpiazzare le enormi perdite subite in una battaglia che Putin vuole a tutti i costi concludere da vincitore, non solo per conquistare uno snodo logistico importante ma non più chiave, ma per attribuirsi un successo utile alla propaganda e a eventuali future trattative. I nuovi soldati vengono immediatamente pizzati in prima linea per le operazioni d’assalto di Mosca che vanno avanti oramai da mesi con successi alterni. Anche grazie alla strenua resistenza delle forze ucraine, che continuano a ribadire come la città non sia prossima alla caduta e che i soldati di Kiev non siano circondati. «Non si può ancora parlare di un controllo russo sulla città o di accerchiamento operativo delle forze militari ucraine», ha ribadito il comandante in capo delle Forze armate ucraine Oleksandr Syrsky. Il colonnello Oleksandr Zavtonov, portavoce del 30º Corpo dei Marines della Marina ucraina, conferma. «Le informazioni diffuse dai media nemici russi sulla presunta resa dei nostri militari della in direzione Pokrovsk fanno parte di un’operazione di disinformazione. Non si sono arresi, al contrario continuano a mantenere le loro posizioni e a infliggere perdite significative all’esercito russo».
Al di là delle reciproche propagande di guerra, la battaglia di logoramento portata avanti dalla Russia non favorisce di certo l’Ucraina, stretta tra battaglie sul campo e continui attacchi sulle città. E in alcune zone, sono in corso ritiri strategici. «Nella regione di Zaporizhzhia a seguito del fuoco concentrato sulle nostre posizioni nel settore di Rivnopillia, le unità si sono spostate su linee più vantaggiose per preservare la vita del personale», confermano le forze di difesa ucraine. Ora alle prese, indirettamente anche con un nuovo fronte interno legato alla corruzione che di sicuro non aiuta.
Guerra Ucraina
“L’Ucraina come una nuova Bielorussia”: ecco qual è il piano di Putin per Kiev
L’inverno più difficile per Kiev, il quarto dall’inizio della guerra russa di aggressione, potrebbe essere alle porte. Solo nelle ultime ore si sono registrati oltre 200 scontri tra l’esercito dell’Ucraina e quello della Federazione mentre il Financial Times scrive che la carenza di militari mette la città ucraina di Pokrovsk sull’orlo del baratro a causa dell’incapacità del governo centrale di inviare truppe di difesa. Oltre a Pokrovsk, la minaccia russa incombe anche sulla città gemella di Myrnohrad, nell’Ucraina orientale. Nella sua analisi della situazione sul campo il quotidiano britannico riferisce il parere di combattenti ed esperti, i quali sostengono che, se conquistati, entrambi i centri urbani “potrebbero essere utilizzati come base per ulteriori avanzate russe” e sottolinea che “l’esercito di Kiev è sempre più sottile lungo i 1000 km di frontiera”.
Mentre anche il presidente Zelensky ammette che la situazione è “difficile” aumentano i timori tra i membri della coalizione occidentale per quelle che potrebbero essere le prossime mosse di Putin. A stilare la possibile tabella di marcia del Cremlino è Jack Watling, uno dei principali esperti del conflitto, che su Foreign Affairs individua un piano in tre fasi che lo zar potrebbe seguire per realizzare il suo obiettivo strategico: sottomettere l’Ucraina.
In primo luogo, scrive Watling, la Russia cerca di occupare e distruggere più territorio ucraino possibile in modo che la parte restante “sia economicamente sostenibile solo con il consenso di Mosca”. Per riuscire in tale intento, l’esercito della Federazione dovrebbe mantenere il controllo dei quattro oblast già annessi e aggiungere Kharkiv, Mikolaiv e Odessa per tagliare di fatto l’Ucraina dal Mar Nero. Solo dopo aver ottenuto queste condizioni, prosegue l’analista, il Cremlino cercherebbe il cessate il fuoco per avviare una seconda fase “in cui utilizzare la leva economica e la guerra politica, sostenuta dalla minaccia di una nuova invasione, per esercitare il controllo su Kiev”. Nella terza fase “la Russia assorbirebbe l’Ucraina nella sua orbita in modo simile alla Bielorussia”.
Non è detto che per Kiev il peggiore degli scenari si realizzi. Al momento infatti Mosca non ha ancora completato la prima delle tre fasi, afferma Watling che però sottolinea come “la tragica ironia degli ultimi nove mesi di conflitto è che mentre il dibattito internazionale è stato dominato dalle prospettive di negoziati e di cessate il fuoco la Russia ha intensificato i combattimenti”. “Il Cremlino mira a spezzare la resistenza ucraina”, sostiene l’esperto secondo cui “l’Ucraina si è dimostrata aperta ai negoziati ma l’incapacità dei suoi partner di esercitare pressioni sulla Russia ha invece permesso a Putin di guadagnare tempo per cambiare la situazione sul terreno”.
Per Watling “entrambe le parti mostrano segni di stanchezza ma nessuna delle due è pronta per la pace“. L’Occidente ha comunque una strada per sabotare il piano dello zar. L’analista spiega che “solo indirizzando Mosca verso una chiara crisi economica a medio termine i partner internazionali convinceranno Putin ad accontentarsi di un cessate il fuoco”. Una strategia in base alla quale, tra le varie misure da adottare per esercitare pressione sulla Federazione, dovrebbe essere presa di mira la flotta ombra russa. Qualsiasi iniziativa occidentale, avverte l’esperto, potrebbe però avere successo solo se l’Ucraina riuscirà a resistere sino al 2026. Un’incognita, quest’ultima, su cui al momento nessuno si azzarda a fare previsioni.
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