Guerra Ucraina
“Complotto per dirottare un MiG-31 contro una base Nato”: cosa c’è dietro l’accusa di Mosca
Secondo l’Fsb, il servizio federale di sicurezza russo, l’intelligence ucraina avrebbe tentato di impossessarsi di un cacciabombardiere MiG-31K armato di missile balistico ipersonico Kh-47M2 “Kinzhal”.
L’agenzia di intelligence russa ha dichiarato di aver sventato quello che sembra essere stato un tentativo di dirottamento del caccia, messo in atto grazie al coinvolgimento dell’intelligence britannica. Secondo quanto comunicato da Mosca, il Gur (il servizio di intelligence militare ucraino) avrebbe tentato di reclutare i due piloti russi del MiG-31, offrendo loro una ricompensa fino a 3 milioni di dollari. A uno dei membri dell’equipaggio del caccia sarebbero stati promessi anche nuovi documenti e la cittadinanza in un Paese occidentale. Inoltre, il navigatore del velivolo sarebbe stato incaricato di neutralizzare il pilota in caso di rifiuto al dirottamento. Il piano prevedeva che il MiG-31K venisse fatto volare in direzione della base Nato di Costanza, in Romania, dove avrebbe potuto essere abbattuto dai sistemi di difesa aerea, generando così una provocazione che avrebbe portato all’escalation tra Russia e Alleanza Atlantica. Sempre secondo l’Fsb, all’operazione avrebbero preso parte anche esponenti del portale investigativo “Bellingcat”.
Il pilota del MiG-31 ha riferito che durante l’autunno dello scorso anno è stato contattato da un uomo che si presentò come Sergej Lugovskoj, presentatosi come giornalista e offrendogli denaro in cambio di consulenze su temi militari. Il pilota ha affermato di aver rifiutato ulteriori contatti, aggiungendo: “Ritengo che l’obiettivo fosse compromettermi per poi sfruttare la situazione nell’interesse dei servizi segreti”.
Il MiG-31K è al momento l’unica piattaforma a poter lanciare il missile ipersonico “Kinzhal”, un vettore semibalistico utilizzato dalla Russia per colpire obiettivi di alto valore in Ucraina sin dall’inizio del conflitto. Il missile è stato uno dei primi – se non il primo – tra i vettori ipersonici a entrare in servizio ed è sostanzialmente un derivato del missile utilizzato dal sistema “Iskander-M”, ovvero il veicolo mobile che lancia missili balistici a corto raggio anch’esso ampiamente utilizzato nel conflitto in corso.
Numerosi detriti del “Kinzhal” sono stati recuperati nel corso del conflitto, alcuni anche di grosse dimensioni: un certo numero di questi missili è stato abbattuto dalle difese aree ucraine utilizzando il sistema Patriot PAC-2. L’intelligence ucraina – quindi anche quella occidentale – è già in possesso dei materiali e di parti di del missile, pertanto non avrebbe bisogno di mettere le mani su un esemplare intero per sviluppare contromisure, anche considerando che, quello che conta per l’abbattimento, è il profilo di volo del missile osservabile tramite radar durante i numerosi attacchi. Mettere le mani sulle componenti elettroniche significherebbe poter essere in grado di attivare contromisure elettroniche ad hoc, ma in questo l’EW (Electronic Warfare) occidentale riesce ad agire grazie a sistemi ad ampio spettro e grazie alla ricognizione elettronica (ELINT) effettuata in questi anni.
La storia raccontata da Mosca appare più l’ennesimo atto di disinformazione per poter addossare agli ucraini un’escalation tra Russia e Nato: qualcosa che il Cremlino ha da tempo paventato mettendo in guardia su un possibile attacco “false flag” messo in scena dagli ucraini.
Il dirottamento del MiG dietro compenso resta un’opzione plausibile, ma poco probabile: già in passato gli ucraini erano riusciti a portare alla defezione un pilota di elicottero russo, ma corrompere pilota e operatore dei sistemi/navigatore è più “complesso”, per non dire poco probabile, soprattutto in un Paese come la Russia odierna dove basta il sospetto di non aderenza alla linea del Cremlino per finire “purgato” con una caduta dalla finestra o dalla tromba delle scale. Inoltre, a ogni buon conto, un’azione simile avrebbe potuto essere condotta molto più facilmente nell’area baltica, dove la distanza tra la Russia e i Paesi Nato è molto minore e dove ormai quotidianamente i velivoli militari russi volano in prossimità dello spazio aereo dell’Alleanza, generando un clima di allarme e tensione che non si respirava dai tempi della Guerra Fredda.
Guerra Ucraina
Salvini: “Ucraina? No armi ai corrotti”. Crosetto frena: “Non giudico per due casi”
Visioni diverse all’interno del governo sull’Ucraina. Mentre si avvicina alla definizione del dodicesimo pacchetto di aiuti militari destinati a Kiev, la Lega ha espresso riserve sulla nuova fornitura, ponendo l’accento sui recenti casi di presunta corruzione che hanno costretto alle dimissioni due ministri di Volodymyr Zelensky. In particolare, nelle ultime ore è stato registrato un botta e risposta tra Matteo Salvini e Guido Crosetto.
Da Napoli, il vicepremier in quota Lega ha sostenuto che “mi sembra che stiano emergendo gli scandali legati alla corruzione, poi coinvolgono il governo ucraino, quindi non vorrei che con quei soldi dei lavoratori, dei pensionati italiani si andasse ad alimentare ulteriore corruzione“. Il leader del Carroccio ha aggiunto inoltre che “l’invio di altre armi non risolverà il problema” e che “pensare che mandare armi significhi riconquistare i terreni perduti è ingenuo”.
Se l’altro vicepremier Antonio Tajani, segretario di Forza Italia, ha confermato che il nuovo pacchetto verrà firmato “nelle prossime ore”, il ministro della Difesa Crosetto ha evidenziato: “Capisco le preoccupazioni di Matteo Salvini ma io non giudico un paese per due corrotti esattamente come gli americani e gli inglesi sbarcati in Sicilia non hanno giudicato l’Italia per la presenza della mafia ma sono venuti ad aiutare gli altri italiani, quelli onesti. Esattamente quello che facciamo anche noi in Ucraina, cerchiamo di aiutare i civili che subiscono il 93% degli attacchi russi. E ci auguriamo che i delinquenti ucraini siano messi in galera, insieme ai russi possibilmente”.
Il nuovo pacchetto di sostegno a Kiev, che dovrà passare dal Copasir, dovrebbe comunque essere approvato. Tra le ipotesi figurano ulteriori forniture di missili, potenzialmente gli Aster utilizzati nei sistemi Samp-T già messi a disposizione dell’Ucraina. Crosetto ha anticipato che si tratterà di “aiuti consistenti”.
Guerra Ucraina
L’esercito russo preme su Zaporizhzhia. Il capo dell’esercito Syrskyj in bilico
C’è un fronte dell’Ucraina di cui quasi nessuno parla. Una terra piatta, senza città né colline, tagliata da corsi d’acqua che nemmeno compaiono sulle cartine geografiche. È qui, nel punto d’incontro tra le regioni di Donetsk, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk, che la guerra sta cambiando direzione. E forse anche destino. Mentre l’attenzione internazionale resta puntata sulla battaglia per Pokrovsk, l’ultimo baluardo ucraino nel Donetsk, le forze di Mosca avanzano con passo costante più a sud, nei terreni fangosi e anonimi di Zaporizhzhia. Una linea del fronte dimenticata, ma che oggi sta diventando il punto più vulnerabile della difesa di Kiev.
Martedì scorso, in mezzo alla nebbia, oltre trecento soldati russi hanno fatto irruzione a Pokrovsk. Quasi in contemporanea, l’esercito ucraino ha dovuto ritirarsi da cinque villaggi a nord di Huliaipole, ammettendo una situazione di deterioramento e caos nella difesa. Parole che suonano come un avvertimento. Perché Huliaipole non è solo un nome su una mappa: è la porta che conduce verso Zaporizhzhia, la grande città industriale da cui passa il destino del Sud.
Il quadro è impietoso: la regione tra i tre oblast è così vuota che non ha nemmeno un nome. Per anni è stata trascurata nella pianificazione della difesa. Ma proprio questo vuoto è ciò che la Russia sta sfruttando con efficacia crescente. Il comandante delle Forze armate ucraine Syrskyj lo ammette: “La situazione al fronte rimane difficile e i combattimenti sono feroci su otto fronti”. In una conversazione con il capo di Stato maggiore francese Mandon, ha ribadito le esigenze chiave dell’esercito: più addestramento per i piloti dei Mirage, rafforzamento della difesa aerea, maggiore cooperazione internazionale. Tuttavia da alcune ore circolano con insistenza voci sul possibile siluramento di Syrskyj, nonostante i suoi collaboratori si affrettino a precisare che “l’avanzata nemica sta rallentando”, ma il Cremlino smentisce. E in serata l’orso di Mosca ha conquistato anche Krasny Liman, nel Donetsk, e ucciso un comandante di Kiev nel Kharkiv. Zelensky è accorso nella regione di Zaporizhzhia. “Abbiamo discusso con gli ufficiali di cosa sia necessario per rafforzare le posizioni”, ha spiegato il presidente. Poi ha sentito il cancelliere tedesco Merz, prima di convocare una riunione operativa urgente sulla difesa della regione, promettendo rinforzi.
Kiev tenta di reagire colpendo in profondità: lo Stato Maggiore ha annunciato raid con missili Flamingo contro obiettivi strategici russi in Crimea e nel territorio della Federazione, inclusi un terminal petrolifero e una stazione radar. Ma la controffensiva dei droni russi non si arresta. Nella notte 138 tra Shahed e Gerbera sono stati lanciati su tutto il Paese: 36 hanno colpito dieci obiettivi. Un caccia Su-30 russo invece si è schiantato in Carelia, mentre 200 kenioti stanno combattendo a fianco di Mosca e altri potrebbero essere reclutati nei prossimi mesi.
La Nato nel contempo cerca soluzioni più economiche per contrastare la piaga dei droni, come ha rivelato la vice segretaria generale Sekerinska. Un’ammissione che suona come una presa d’atto: la guerra sta entrando in una nuova fase, dove contano l’usura quotidiana, la logistica, la capacità di tenere in piedi una linea sottile fatta di villaggi, di silenzi. E di un inverno gelido incombente.
Guerra Ucraina
La guerra in Europa “nel 2029” e i bagni d’oro del socio: Zelensky tra previsioni, imbarazzi e l’assedio russo nel Donbass
Lo scandalo scoperchiato dalle indagini dell’Ufficio anticorruzione ucraino, il Nabu, continua a scuotere Kyiv. L’inchiesta sul sistema creato intorno al colosso statale Energoatom, dopo le dimissioni del ministro dell’Energia e di quello della Giustizia, continua a mietere vittime tra funzionari e consiglieri di altissimo livello.
Ieri il presidente Volodymyr Zelensky ha firmato anche delle sanzioni dirette contro gli imprenditori Timur Mindich e Alexander Tsukerman. Il primo dei quali, comproprietario con il capo dello Stato della società Kvartal-95 (studio di produzione), è sotto la luce dei riflettori per la scoperta di appartamenti con bagni con water, bidet e lavandini d’oro. E nell’inchiesta del Nabu, secondo la stampa locale, sarebbe finita anche Fire Point, la principale azienda che produce missili e droni in Ucraina, in particolare l’Fp-1 e il Flamingo. Per Zelensky, la corruzione nei gangli del sistema è un tema cruciale. In parte perché lo sfiora e mina la sua credibilità di fronte a una popolazione in cui la leadership del presidente è da tempo in calo. Ma quello che preme di più il capo dello Stato è rassicurare gli alleati. Perché la corruzione nel Paese comporta l’abbassamento della fiducia da parte di chi deve inviare aiuti finanziari e militari. E questo è chiaro tanto a Kyiv quanto a Bruxelles.
L’indagine “dimostra che in Ucraina sono presenti organismi efficaci nella lotta alla corruzione” hanno fatto sapere dalla Commissione europea. “La lotta alla corruzione è fondamentale per l’adesione del Paese all’Ue e richiede sforzi continui per garantire una forte capacità di combattere la corruzione e il rispetto dello Stato di diritto”, ha spiegato un portavoce della Commissione. “È per questo che il ruolo di questi organismi anticorruzione indipendenti, che sono il fondamento dello stato di diritto dell’Ucraina come futuro Stato membro, deve essere salvaguardato”, ha proseguito. Il monitoraggio, da parte di Bruxelles, continua. Il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, finita la riunione dell’Ecofin, ha ribadito la lotta alla corruzione è centrale per qualsiasi sostegno all’Ucraina. E questo promemoria da parte Ue arriva in una fase cruciale delle discussioni interne al Vecchio Continente sul sostegno economico a Kyiv. Ieri i Paesi membri dell’Ue hanno di nuovo discusso della possibilità di usare gli asset russi congelati. Ursula von der Leyen ha detto che quella di utilizzare i beni di Mosca immobilizzati rimane l’opzione migliore. Zelensky sostiene questa linea. Von der Leyen ieri ha confermato l’erogazione di un prestito da 6 miliardi con i proventi dei beni congelati in Ue.
Ma mentre in Europa continuano le trattative tra gli Stati membri, l’Ucraina deve fare i conti con una situazione sul campo di battaglia sempre più difficile, specialmente a Pokrovsk. La città, snodo logistico fondamentale del Donbass, è diventata da mesi il principale obiettivo di questa fase dell’offensiva russa. Il Financial Times ha posto l’accento soprattutto sullo scarso numero di soldati ucraini. Il comandante in capo, Oleksandr Syrskyi, ha negato che Pokrvosk sia completamente accerchiata o che le forze del Cremlino abbiano il controllo della città. Tuttavia, lo stesso Zelensky ha ammesso che la situazione è “molto difficile”. E il presidente ucraino ha avvertito di nuovo l’Occidente sul fatto che ciò che sta avvenendo nel suo Paese è solo l’inizio. “Dobbiamo riconoscere che i russi vogliono una guerra su larga scala e prepararci a essere pronti nel 2029 o nel 2030 – questo il lasso di tempo – ad iniziare una guerra di tale portata. Sul continente europeo” ha scritto sui suoi canali social Zelensky.
Per Kyiv, quindi, fermare ora Vladimir Putin significa minare un piano ancora più grande. E insieme al fronte di Pokrovsk, i comandi ucraini temono anche nuove offensive su quello di Zaporizhzhya, visitato ieri proprio da Zelensky. Il presidente ucraino ha promesso “più risorse” per difendere la regione E dal Cremlino, il portavoce Dmtry Peskov, è stato chiaro: “La parte ucraina dovrebbe sapere che prima o poi dovrà condurre i negoziati, ma da posizioni molto peggiori”.
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