Connect with us

Mondo

Cosa cambia con le nuove sanzioni all’Iran

Published

on

Il Consiglio europeo ha deciso di colpire la capacità di Teheran di produrre droni e missili, in risposta all’attacco su Israele, ma la Repubblica islamica da anni aggira le misure restrittive imposte dall’Occidente

L’Unione europea inasprirà le sanzioni contro l’Iran, come forma di ritorsione per l’attacco di Teheran con missili e droni contro Israele. Una mossa che potrebbe però non avere gli effetti desiderati, se mai dovesse avere degli effetti, visto che Teheran ha già dimostrato di saper aggirare le misure restrittive imposte dall’Occidente. Il Consiglio europeo nelle sue conclusioni ha condannato “in modo fermo e inequivocabile” l’attacco iraniano, che è stato lanciato in risposta all’attacco del primo aprile alla sua ambasciata a Damasco, in Siria, in cui sono state uccise 16 persone, tra cui un generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane, Mohammad Reza Zahedi.

I 27 leader, nelle conclusioni del Vertice, hanno ribadito l’impegno dell’Europa per la sicurezza di Israele e invitato “a dar prova della massima moderazione e ad astenersi da qualsiasi azione che possa aumentare le tensioni nella regione”. Quest’ultimo messaggio è rivolto in particolare al governo di Benjamin Netanyahu, perché tutti sanno che un’ulteriore risposta troppo dura da parte di Tel Aviv renderebbe un conflitto inevitabile, con conseguenze devastanti per l’intera regione ma anche per l’Europa. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, solitamente molto morbido con Israele, ha detto che è importante che lo Stato ebraico “non risponda con un suo attacco massiccio”.

L’Ue ha già diversi programmi che prendono di mira l’Iran per le violazioni dei diritti umani, la proliferazione di armi di distruzione di massa e il sostegno di Teheran alla guerra della Russia in Ucraina. Adesso l’idea è colpire più duramente la sua capacità di creare droni e missili. Il sistema di sanzioni per fermare l’export verso l’Iran di componenti per la produzione di droni e missili esiste già dal luglio 2023. “Dobbiamo rivedere questo sistema in modo da allargarlo e renderlo più efficiente”, ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell. I dettagli dell’intervento saranno discussi al Consiglio Ue Affari Esteri di lunedì prossimo (22 aprile), ma queste sanzioni potrebbero avere solo un valore simbolico.

Come spiega il Think Tank statunitense Atlantic Council, nonostante le pesanti sanzioni di Usa e Ue, Teheran avrebbe continuato a fornire più di 700 milioni di dollari all’anno per sostenere gruppi armati, tra cui gli Hezbollah libanesi (la cui ala armata è stata inserita nella lista dei terroristi Ue, ma non quella politica), ed è riuscita finora a inviare fino a 100 milioni di dollari all’anno ad Hamas, altro gruppo inserito nella lista dei terroristi sia da Usa che da Ue. La Repubblica islamica è riuscita anche a fornire sostegno alla guerra della Russia di Vladimir Putin contro l’Ucraina, inviando a Mosca droni (Uav) Shahed-136, nonostante il programma sia già oggetto di sanzioni da parte del Dipartimento del Tesoro statunitense.

Alcuni Paesi Ue, vorrebbe anche introdurre sanzioni contro il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane, ma la questione è complicata dal punto di vista legale, perché per farlo servirebbe che un’autorità nazionale del blocco scoprisse che il gruppo è stato coinvolto in attività terroristiche. Inoltre, secondo diversi analisti, è improbabile che l’Iran possa trovarsi ad affrontare sanzioni economiche molto severe, a causa delle preoccupazioni per un possibile aumento del prezzo del petrolio, di cui l’Iran è il quarto esportatore mondiale.

Click to rate this post!
[Total: 0 Average: 0]
Continue Reading
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Europa

Viktor Orbán: la deriva autoritaria dell’Ungheria e la minaccia all’unità europea

Published

on

By

Viktor Orbán la deriva autoritaria dell'Ungheria e la minaccia all'unità europea

Sotto la crescente pressione per mantenere il potere, il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán rispecchia sempre più le tattiche di Vladimir Putin: consolidamento del controllo attraverso la propaganda, indebolimento delle istituzioni democratiche e creazione di nemici sia interni che esterni.

Di fronte a un calo di consensi – i sondaggi recenti mostrano il partito d’opposizione “TISZA” in vantaggio rispetto al suo partito Fidesz – Orbán ha avviato una stretta contro il dissenso. I partiti d’opposizione vengono dipinti come minacce alla sicurezza nazionale, mentre la società civile è sottoposta a pressioni crescenti. Una nuova legge, la “Legge sulla Trasparenza della Vita Pubblica”, prende di mira le ONG – in particolare quelle con finanziamenti esteri – con l’obiettivo di mettere a tacere le voci indipendenti sotto il pretesto dell’interesse nazionale.

Il recente arresto di due ungheresi etnici in Ucraina con l’accusa di spionaggio è stato immediatamente strumentalizzato dalla macchina propagandistica di Orbán. Senza prove chiare, ha usato l’incidente per alimentare il sentimento nazionalista e mobilitare la sua base, dipingendo l’Ungheria come una nazione assediata.

Allo stesso tempo, la posizione geopolitica di Orbán diventa sempre più preoccupante. La sua retorica irredentista di lunga data nei confronti della regione ucraina della Transcarpazia, insieme alle richieste di diritti speciali per la minoranza ungherese, mina la sovranità ucraina. Le notizie sull’attività dell’intelligence ungherese nella regione rafforzano ulteriormente i timori di destabilizzazione.

La sua aperta sfida all’Unione Europea – bloccando decisioni chiave, indebolendo le sanzioni contro la Russia e abbracciando la narrazione del Cremlino – ha trasformato l’Ungheria in un “cavallo di Troia” all’interno dell’Unione. Nonostante tragga vantaggio dai fondi europei, il suo regime erode attivamente i valori dell’UE, lo stato di diritto e la coesione regionale.

Il suo obiettivo è chiaro: trasformare l’Ungheria in una “democrazia controllata” simile a quella della Russia di Putin, ma all’interno del quadro istituzionale dell’Unione. Se Bruxelles continua a esitare, rischia di legittimare un’autocrazia nel cuore dell’Europa. Le azioni di Orbán richiedono una risposta ferma e coordinata – a partire dalle misure previste dall’articolo 7 – per difendere i principi europei e prevenire ulteriori sabotaggi interni.

Click to rate this post!
[Total: 0 Average: 0]
Continue Reading

Mondo

Cpi, il procuratore capo Khan si autosospende: è indagato per abusi sessuali

Published

on

By

Si è autosospeso il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi), Karim Khan: da novembre è indagato per presunte molestie sessuali. Il suo ufficio ha fatto sapere che il procuratore ha annunciato la decisione “di prendersi un congedo in attesa della conclusione del procedimento” che viene portato avanti dagli inquirenti delle Nazioni Unite.

Lo scandalo risale a circa sei mesi fa: l’organismo di controllo interno della Cpi comunicò di aver chiesto un’indagine esterna sulle accuse di “presunta cattiva condotta” del procuratore capo. Non vennero però forniti altri dettagli, ma secondo alcuni media Khan sarebbe stato accusato per comportamenti sessuali inappropriati nei confronti di un membro del suo staff. Le accuse sono sempre state rigettate da Khan.

In questi mesi il procuratore generale è stato incalzato da diverse Ong e anche da alcuni membri della Corte, che gli hanno chiesto di ritirarsi o sospendersi. La scorsa settimana avrebbe incontrato gli investigatori delle Nazioni Unite in una udienza forse finale dell’indagine e poi avrebbe deciso di ricorrere al congedo.

L’articolo Cpi, il procuratore capo Khan si autosospende: è indagato per abusi sessuali sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

Click to rate this post!
[Total: 0 Average: 0]
Continue Reading

Mondo

Mosca e Kiev tornano a parlarsi, ma senza Putin e Zelensky i negoziati in Turchia sono destinati al fallimento

Published

on

By

Sono iniziati questa mattina e stanno proseguendo a oltranza i negoziati tra Mosca e Kiev a Istanbul, in Turchia. L’incontro tra le delegazioni dei due Paesi è cominciato verso le 12, con un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia annunciata in mattinata, e non si è ancora concluso, anche se, poco alla volta, stanno emergendo alcune indiscrezioni. Come facilmente intuibile dall’assenza di Vladimir Putin e di Volodymyr Zelensky, si tratta di un primo incontro non destinato a concludersi con un accordo. Questo, però, non significa che si tratti di un vertice inutile, poiché ha permesso ai due Paesi di tornare a sedersi al tavolo delle trattative dopo la brusca interruzione dei negoziati avvenuta nel 2022.

Mosca e Kiev tornano a parlarsi, ma senza Putin e Zelensky i negoziati in Turchia sono destinati al fallimento

Stando a quanto riferito dal capo dell’ufficio del presidente ucraino, Andriy Yermak, la delegazione di Kiev ha le idee chiare su ciò che intende ottenere da questa trattativa.
La priorità dell’Ucraina, spiega il fedelissimo di Zelensky, è raggiungere un “cessate il fuoco incondizionato”, così da avviare “trattative serie” per porre fine alla guerra.
Il problema, secondo l’amministrazione di Kiev, è che la Russia non sembra affatto disposta ad accettare questa condizione, come dimostra il fatto che “Putin ha inviato a Istanbul funzionari che non hanno alcun potere decisionale”.

Poi, nell’evidente tentativo di fare pressioni su Mosca, ha aggiunto che “se al contrario hanno una qualche autorità, l’unico modo per dimostrarlo è accettare di compiere passi reali, in particolare un cessate il fuoco”. Ma non è tutto. Secondo quanto riportato da France Presse, l’Ucraina in queste ore starebbe insistendo con forza affinché venga preparato “un incontro diretto tra il presidente Volodymyr Zelensky e il suo omologo russo Vladimir Putin”.

Parole a cui ha risposto a distanza, durante una pausa nei colloqui, Vladimir Medinsky, capo della delegazione russa, secondo cui “la Russia è pronta a riprendere il processo di negoziazione” ed è aperta “a possibili compromessi”. Quali siano, però, resta un mistero. L’unica certezza, per ora, è che — secondo quanto trapela — il Cremlino avrebbe preso tempo, giudicando “prematuro” discutere di un possibile vertice tra i due leader.

Le reazioni al vertice in Turchia

Mentre la diplomazia muove i primi passi, la Nato e l’Ue criticano duramente la decisione del presidente russo di non partecipare agli incontri in Turchia.
Secondo quanto dichiarato da Ursula von der Leyen, “Putin prima ha chiesto un cessate il fuoco attorno all’anniversario del 9 maggio, ma non lo ha mai rispettato. Poi l’Ucraina ha chiesto un cessate il fuoco di 30 giorni, pieno e incondizionato, che Putin ha respinto, e infine ha offerto un incontro in Turchia. Ma Putin non si è mai presentato. Questo dimostra che Putin non vuole la pace”.

Dura anche la reazione del segretario generale della Nato, Mark Rutte, secondo cui “Putin deve essere serio” nei confronti dei negoziati di pace, perché “è stato un errore inviare una delegazione di basso livello”.

L’articolo Mosca e Kiev tornano a parlarsi, ma senza Putin e Zelensky i negoziati in Turchia sono destinati al fallimento sembra essere il primo su LA NOTIZIA.

Click to rate this post!
[Total: 0 Average: 0]
Continue Reading

Tendenza

Via Molino delle Armi, 49, 20123 Milano MI. Copyright © 2017-2024 giorno24.it