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L’anziano generale, le spogliarelliste e gli ereditieri

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Il caso fece scalpore e non si riesce a chiuderlo: un anziano generale, morto a 88 anni, ha speso circa un milione dei propri averi dandoli alle spogliarelliste di un night club. La famiglia, accortasene post mortem, ha fatto causa alle signorine

Il caso fece scalpore e non si riesce a chiuderlo: un anziano generale, morto a 88 anni, ha speso circa un milione dei propri averi dandoli alle spogliarelliste di un night club. La famiglia, accortasene post mortem, fece causa alle signorine, accusandole di avere approfittato del suo essere rintronato. Svolte le indagini d’ufficio, la Procura ha già chiesto l’archiviazione del caso. La famiglia del defunto crapulone s’è opposta e ora, dopo una nuova perizia, la Procura torna a chiedere l’archiviazione: nessun reato. Sembra tutta una storia da ridere, ma contiene un principio di libertà.

Certo, capita che gli anziani (non solo maschi, ci sono precedenti anche famosi) siano più facilmente raggirabili e possano cascare nelle lusinghe di giovani avvenenti. Ma magari capita anche perché sono o si sentono soli. I parenti che arruolano avvocati per riavere il malloppo può darsi non si siano curati troppo dell’umore e della compagnia da fare al caro estinto.

Si è sempre più longevi, in una società benestante, ma il vecchio non è soltanto il depositario temporaneo del patrimonio che lascerà in eredità, ne è il proprietario e deve poterci fare quello che gli pare. Compreso il sentirsi dire «micio bello e bamboccione» (De André, op. cit.). Le spogliarelliste, che fanno le spogliarelliste e quindi agiscono in indubitabile trasparenza (absit iniuria verbis), ne avranno pure approfittato ma gli hanno anche fornito qualche divertimento, un po’ di allegria e qualche rimembranza del tempo che fu. Prosit.

Il generale e le spogliarelliste, l’ipotesi di reato

L’ipotesi di reato sarebbe quella di circonvenzione d’incapace. Ossia della persona indotta a compiere azioni per via della propria debolezza psicologica. Ad ora, comunque, il fascicolo del pm non contiene indagati.

di Sonia Falleri

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Opel Grandland elettrica a trazione integrale, potenza e sicurezza

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Skymetro, Salis al Mit: “Proroga? L’aveva già chiesta Piciocchi”

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Continua il botta e risposta a distanza tra la sindaca di Genova Silvia Salis e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: al centro dello scontro la proroga per lo skymetro. Nella giornata odierna Salis aveva dichiarato che avrebbe chiesto una proroga sui tempi al Mit, come da possibile concessione; successivamente il dicastero aveva risposto che non è possibile concederla ma che i termini scadranno il 31 dicembre 2025. Tutto tranquillo quindi sotto il cielo di Genova? No. Nel pomeriggio non si è fatta attendere la contro risposta della sindaca, che attraverso una nota, attacca l’ex giunta e il Mit.

Le parole della prima cittadina contro il Ministero

“Sono sorpresa della nota del Mit, anche perché la richiesta di proroga di sei mesi del finanziamento per lo skymetro è stata avanzata dalla giunta Piciocchi in data 16 maggio 2025, al fine di rinviare il termine di aggiudicazione ai lavori a giugno 2026 – bacchetta la sindaca di Genova Silvia Salis -. Stupisce che il Ministero non abbia diffuso alcuna nota sulla richiesta ricevuta dalla Giunta comunale di centrodestra, ma si sia premurato di rispondere con tempestività non a una richiesta del Comune di Genova, ma a mie dichiarazioni rilasciate a margine di un evento cittadino. La necessità di ottenere una proroga del finanziamento di sei mesi o un anno era già nota alla precedente amministrazione. Allo stesso modo è del tutto evidente ai tecnici del Comune che non c’è alcuna possibilità di aggiudicare i lavori del progetto skymetro entro il 31 dicembre 2025, alla luce delle rilevanti prescrizioni del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Ci impegneremo a risolvere la questione nel confronto istituzionale con il Ministero delle Infrastrutture per non perdere i finanziamenti e dotare la Val Bisagno di un sistema di trasporto rapido ed efficiente, ma non accettiamo lezioni da chi in tre anni non è riuscito ad arrivare ad un progetto cantierabile”.

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Carlo Legrottaglie ucciso nel suo ultimo giorno di lavoro

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Carlo Legrottaglie ucciso in un inseguimento: era il suo ultimo giorno di lavoro. Ucciso in in un conflitto a fuoco con due rapinatori nel brindisino

Si chiamava Carlo Legrottaglie, aveva sessant’anni ed era al suo ultimo giorno di lavoro il carabiniere che è stato ucciso in un conflitto a fuoco con due rapinatori nel brindisino.

Una vicenda che ha sconvolto tutti quella di questo militare che era in servizio al nucleo radiomobile di Francavilla Fontana e che è stato ucciso in quello che era il suo ultimo turno di servizio, da venerdì sarebbe andato in licenza e poi a luglio sarebbe andato in pensione. Subito sono partite le ricerche rapinatori che erano scappati lasciando la macchina nel punto in cui è venuta sparatoria.

Sono stati individuati già in mattinata dalla polizia, si nascondevano in una masseria e quando hanno visto gli agenti hanno nuovamente aperto il fuoco. Uno dei due rapinatori è morto, non è chiaro se al termine della sparatoria con i poliziotti. Oppure se fosse rimasto già gravemente ferito dopo lo scontro con i carabinieri.

A quanto si è appreso i carabinieri erano intervenuti per sventare una rapina a un distributore di benzina quando uno dei due rapinatori ha aperto il fuoco contro il brigadiere, che è caduto a terra. Illeso invece il suo collega.

Tantissimi messaggi di cordoglio sono arrivati da parte di tutte le cariche dello Stato, dal presidente Mattarella alla premier Giorgia Meloni. Il carabiniere era sposato e aveva due figli. Una morte che lascia ancora una volta sgomenti. Ancora di più perché arrivata proprio quando dopo una carriera al servizio dell’arma Legrottaglie stava per iniziare a godersi la pensione.

Di Annalisa Grandi

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