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Mov5s, vince la linea Conte: addio garante e ok alle alleanze
Conte-Grillo 1-0. Si è chiusa la Costituente del Movimento Cinque Stelle e l’ex premier è uscito trionfante da quello che era considerato da molti un vero e proprio appuntamento con la storia.
Cosa hanno scelto i sostenitori del Mov5s
Gli iscritti alla piattaforma pentastellata hanno votato gli oltre dieci quesiti, tra i quali quelli dirimenti sul futuro del partito di Giuseppe Conte. L’assemblea si è espressa per modificare la regola dei due mandati, sono passate con più del 50% dei voti tutte le opzioni di revisione dello statuto. A questo si è aggiunta l’eliminazione del ruolo del garante. Tradotto: stop al padre fondatore Beppe Grillo che oramai quindici anni fa aveva dato avvio al Movimento con il suo “Vaffa day”. La platea di “Nova” dove si sono riuniti i pentastellati ha accolto con un applauso la notizia relativa alla fine dell’era del garante Grillo.
La vittoria di Giuseppe Conte
Soddisfazione non è stata nascosta dal presidente del M5s Giuseppe Conte che ha dato ufficialmente il via a una nuova epoca, senza mancare la stoccata finale a Grillo: “Non mi sarei mai aspettato che il garante si mettesse di traverso ed entrasse a gamba tesa, un garante che ci ha detto da subito e lo ha ripetuto con pec e video che ci sono alcune cose di cui potete discutere e altre no”. Altro quesito fondamentale per il futuro del M5s e ancor di più per il centrosinistra, era legato alle alleanze. C’è il disco verde da parte degli iscritti, a patto che ci sia un accordo programmatico preciso. L’esito del voto è stato schiacciante con il suo 92,4%. L’81,2 % dei votanti non vuole vietare alleanze al M5s. Il 13,9% invece vorrebbe che il M5s non si alleasse con altre forze. Sono poi diversi i quesiti approvati dalla piattaforma sui poteri del presidente. Tra questi, gli iscritti vogliono che il ruolo di presidente del M5s sia compatibile con il ruolo di premier e quello di ministro. Insomma, un M5s che ha seguito pedissequamente la linea del suo leader Giuseppe Conte e che di fatto lo ha incoronato alla guida del partito.
Il futuro del campo progressista
Fari puntati sulla Costituente grillina anche da parte del centrosinistra, a partire dal Partito Democratico, che sperava in un prosegue del dialogo con i 5s. Anche in Liguria, ma soprattutto a Genova, c’era interesse sull’esito del voto in vista delle Comunali del prossimo anno. Questo non significa che l’alleanza sia già cosa fatta ma apre le porte a un proseguo avviato oramai da anni sul territorio. Insomma, il campo progressista è salvo, o comunque non è uscito azzoppato da questo fine settimana, ma il lavoro che dovranno portare avanti i partiti di opposizione è solo all’inizio.
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Regione, Lilli Lauro pronta ad entrare per la terza volta
Da mezza napoletana qual’è, Lilli Lauro aspetta l’ufficializzazione della sua nomina a consigliere regionale di Fratelli d’Italia per commentarla ufficialmente. Ma ormai è questione di giorni perchè il presidente Marco Bucci ha chiesto ai quattro consiglieri eletti che passeranno in giunta (Scajola, Piana, Ferro e Lombardi) di dimettersi dal consiglio in tempo per garantire, già dal 3 dicembre, il subentro di Chiara Cerri, Armando Biasi, Lilli Lauro e Veronica Russo.
Lilli Lauro, che a settembre aveva lasciato l’incarico di coordinatrice della Lista Toti, si appresa ad entrare quindi per la terza volta consecutiva nel consiglio regionale della Liguria. Lo aveva fatto la prima volta nel 2015 con Toti quando era in Forza Italia ed era subentrata a Ilaria Cavo che era stata nominata assessore pur senza correre ma essendo stata inserita nel listino.
La seconda volta Lauro era invece entrata grazie ai 4.500 voti conquistati dentro la Lista Toti che aveva preso il 24%, mentre questa volta le preferenze raccolte sono scese a 2.730 ma dentro Fratelli d’Italia che si è fermato al 15% con soli due consiglieri eletti (Balleari e Ferro).
Ora quindi al via per lei un’altra stagione in Regione Liguria ma con un occhio già alle comunali dove i suoi voti e la sua presenza sul territorio potrebbero fare la differenza per il partito di Giorgia Meloni.
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