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Cadavere ritrovato in mare: mistero sulla morte dell’uomo

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Stamattina la Capitaneria di porto ha recuperato un cadavere in mare. Gli uomini della guardacoste sono state allertate da alcune persone che hanno visto il corpo galleggiare sull’acqua. I militari si sono precipitati per recuperare la salma risultata essere di un uomo. In breve è stato anche identificato, si tratta di un 82enne.

I carabinieri indagano sul rinvenimento del cadavere in mare – foto repertorio – ilcorrieredellacitta.com

Stamattina la denuncia di scomparsa

A indagare sul rinvenimento avvenuto nelle quale della zona di Tono in Sicilia a sono i Carabinieri che dovranno capire come sia stato possibile che l’anziano sia finito in mare. Proprio nella mattinata di oggi, il figlio dell’82enne aveva sporto denuncia di scomparsa. Resta, per il momento avvolto dal mistero il rinvenimento del cadavere. 

Continua a leggere Cadavere ritrovato in mare: mistero sulla morte dell’uomo su Il Corriere della Città.

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Stefano Conti: “Ho capito che cos’è l’orrore”

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Stefano Conti: “Ho capito che cos’è l’orrore”. L’odissea di un cittadino italiano, assolto dopo 423 giorni in un carcere di Panama

Ci sono storie più complicate di altre da raccontare perché inaccettabili, ingombranti, in apparenza inverosimili. Cercare di capirle fino in fondo richiede di mettere da parte pregiudizi e luoghi comuni. Quella di Stefano Conti è una di queste: a volersi basare solo sulle poche righe che i media hanno dedicato qualche settimana fa alla sua assoluzione con formula piena da un’accusa pesantissima, in un tribunale di Panama, sarebbe stato facile dimenticarsene. In realtà dietro quella sentenza per un cittadino italiano all’estero c’è una storia spaventosa. Farsela raccontare da lui stesso è il modo migliore per calarcisi dentro fino a sporcarsene le mani.

Stefano Conti ha 40 anni, è originario di Cesano Maderno (Monza e Brianza). Ci parla da Panama City, che detta così fa pensare soltanto a un paradiso esotico e fiscale. Ma per lui – trader professionista – è il luogo in cui sta vivendo il peggior incubo della sua vita: essere arrestato da innocente con l’accusa di tratta di persone a fini sessuali e finire rinchiuso in una delle carceri più degradate del pianeta.

«Sono arrivato qui a Panama sette anni fa. Avevo poco più di 30 anni, uscivo da un divorzio, volevo andarmene dall’Italia. Ho girato tanto. Potendo contare su molti soldi ho fatto la bella vita in Centro America, poi alla fine mi sono fermato a Panama City». Single, piacente, ricco, Conti trova il Bengodi: «Comincio a frequentare gente giusta e con tanti soldi. Quando capiscono che lavoro faccio, diventano miei clienti e non mi lasciano più. Amo divertirmi e nel Paese la prostituzione è legale: ci siamo capiti».

Quattro anni così, poi il giorno di Ferragosto del 2022 il vento gira. Mentre sta imbarcandosi su un aereo lo arrestano: «Scopro di essere accusato di aver promosso, diretto e finanziato la prostituzione. Alcune ragazze colombiane hanno fatto il mio nome come di colui che le ha aiutate a venire a Panama per prostituirsi». Finisce così a “La Joya”: non un carcere, ma la dimensione stessa dell’orrore. «Quando arrivo al portone, una guardia mi chiede: “Da chi stai andando?”. Non capisco, ma la frase successiva mi spiega tutto: “Se non conosci nessuno, sappi che qui rischi la vita…”».

Raccontare quel che si vive lì dentro non è facile: «In cella si sta in almeno 25 persone. Una sola doccia, una sola latrina. Niente acqua né per lavarsi né per bere: soltanto quella piovana. Si dorme sui cosiddetti bunker, blocchi di cemento che non bastano per tutti: i più anziani hanno il posto garantito, gli ultimi arrivati si accomodano in terra. È pieno di scarafaggi enormi che ti camminano addosso, la notte ti senti mordere i capelli dai topi. Lì dentro ho preso la scabbia».

È il girone dei corrotti: «Per mangiare qualcosa, devi pagare; per bere acqua in bottiglia, idem. Se sono sopravvissuto è solo perché grazie al mio lavoro avevo tanti soldi da parte: ho comprato le medicine, ho comprato un cellulare con cui ho filmato tutto quello che vedevo, nella speranza che tramite i miei social il mondo vedesse quello scempio». Di tanto in tanto le guardie irrompono per spedizioni punitive: «Spaccano tutto, sparano bombe lacrimogene e piombini al peperoncino, sequestrano i cellulari che tanto poi saranno loro stessi a rivenderti al mercato nero. Nei 423 giorni che ho passato lì dentro ho assistito a sparatorie fra detenuti e a omicidi. Droga, telefoni e armi circolano liberamente».

Come si resiste? «Istinto di sopravvivenza. Ma mi sento un miracolato, stavo impazzendo. Mai pensato al suicidio: non c’è tempo, sei troppo occupato a difenderti da chi vuole farti la pelle anche solo per il fatto che gli stai antipatico».

Nelle 25 udienze del suo processo si è sentito abbandonato: «Rischiavo 30 anni e il personale della nostra Ambasciata ha presenziato soltanto verso la fine. La comunità italiana locale mi ha ignorato, lo stesso hanno fatto i media. Soltanto lo youtuber Alessandro Della Giusta ha voluto davvero capire cosa mi stesse succedendo. Il mio è stato un processo prefabbricato: in aula le ragazze hanno ritrattato le accuse nei miei confronti, spiegando di essere state minacciate dalla polizia in quanto straniere senza permesso nel Paese.

Non mi hanno neanche denunciato: anzi, hanno denunciato le autorità. I primi avvocati locali che mi hanno assistito erano corrotti e incapaci. Quando sono stato assolto pensavo fosse finita. Volevo tornare in Italia, ma l’accusa ha fatto ricorso in appello. E finché non si risolve questo nodo, sono costretto a restare qui. Nella speranza che, prima o poi, grazie anche alle pressioni dei miei avvocati Valter Biscotti e Vincenzo Randazzo, le nostre autorità diplomatiche facciano finalmente qualcosa per farmi tornare a casa. Perché sono innocente».

Di Valentino Maimone

L’articolo Stefano Conti: “Ho capito che cos’è l’orrore” proviene da La Ragione.

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Il viceministro Rixi a Terrazza Incontra Porto e Città e i sondaggi di Tecnè

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Il primo “Porti e Città” l’ho fatto nel 2015 quando ero senatore nella commissione trasporti di Palazzo Madama e proprio lì ho iniziato a comprendere i tanti problemi che toccano una città portuale. Per capire meglio questo rapporto di “odio e amore” tra porto e città, al di là delle mie personali convinzioni, ho chiesto a Tecne’ di fare alcune domande ai cittadini per capire davvero che cosa pensano i genovesi: anticipo intanto le varie schede che verranno pubblicate con i dati durante l’incontro di oggi, lunedì 14 aprile, con il viceministro a Infrastrutture e Trasporti Edoardo Rixi in diretta streaming alle 13:45 su Primocanale.it e sul canale 10 alle 21, e la prima sarà proprio su di lui. A distanza di 10 anni sono ancora qui, in un ruolo diverso, a difendere la mia città dal porto ricordando, SIA BEN CHIARO, quanto sia importante. 
 
Che cosa ne pensano i genovesi del viceministro Rixi?
 
 
 Chiarisco ulteriormente il mio pensiero e le mie preoccupazioni: Genova è una città unica, stupenda che deve essere rispettata e ha un suo porto. Ma le due realtà devono rispettarsi reciprocamente e convivere, creando così un valore aggiunto. Lo Stato Autonomo del Porto di cui noi comuni mortali cittadini sappiamo ben poco, non deve schiacciare la città. Il porto di Genova non è quello di Gioiatauro, che dietro non ha nulla. Il Porto di Genova ha dietro la città, i cittadini, le attività economiche, commerciali, arte, cultura, turismo, professioni, artigiani, imprese e tutti questi soggetti che non lavorano in porto e col porto hanno comunque diritto di vivere, prosperare e guardare a un futuro migliore. Entrando sulle domande che abbiamo posto ai cittadini. Genova è una città storica, turistica, con molte potenzialità che vanno oltre il porto: che città vogliono i genovesi? 
 
 
 
Il tema delle Infrastrutture è strettamente legato al traffico portuale dovuto all’enorme quantità di container che partono e arrivano a Genova. La grande preoccupazione è che il sistema autostradale e ferroviario non sia assolutamente in grado di assorbire il numero di contenitori che passano per Genova. Figuriamoci se dovessero aumentare! Sapendo bene che non esiste alcuna opera che migliorerà la situazione e vedendo i continui blocchi per incidenti e quanto accade sulle autostrade tra La Spezia e Ventimiglia e sul nodo di Genova è necessario prendere decisioni immediate, che le istituzioni Comune, Regione, Ministero NON prendono tappandosi da anni occhi orecchie e bocca.  
 
 
 
E smettiamola di sognare la fantomatica Gronda che mai si farà e se anche si facesse la aspetteremmo 20 anni. E intanto che soluzioni vogliamo prendere?  Vogliamo prendere delle decisioni? Senza fare gli struzzi? 
 
Io una proposta ce l’ho e la proporrò al Vice Ministro Rixi ma i candidati Sindaco e Sindaca che cosa dicono in proposito? Hanno una posizione o brancolano nel buio? Che proposte fate? Venite a dirle a Primocanale. I genovesi cosa ne pensano di questa situazione drammatica in continuo peggioramento?
 
 
I veri proprietari del nostro porto di fatto sono Psa-Seck fortemente rappresentati dal Trustee Giulio Schenone, Spinelli/ Hapag Lloyd che rischia di essere cancellato dalle banchine, Aponte MSC che ha veramente di tutto da navi crociere,  traghetti,  rimorchiatori,  terminale crociere (Stazioni Marittime) terminal contenitori (Bettolo) in attesa della nuova diga… Che cosa pensano i genovesi dell’aumento del traffico dei container? A chi giova? Ai cittadini o solo ai rissosi terminalisti che si scannano tra di loro dentro il porto con cause, ricorsi e battaglie all’ultima carta bollata senza alcuna esclusione di colpi bassi a danno di tutti?  
 
 
Sempre di più però il porto diventa protagonista litigioso e arrogante, sia al suo interno che verso tutto il resto della città: vede e impone solo sue priorità, mettendo sempre più in difficoltà la vita dei cittadini. L’informazione, la politica nel suo complesso difendono sempre e solo il porto qualsiasi cosa faccia ma nessuno più difende la città dal suo porto che la sta stritolando. Ed anche i rappresentanti nel comitato portuale che ora cambieranno, sembra pensino solo al Porto e non alla città. I piani regolatori portuali e della città dovrebbero essere concordati ma questo non è mai avvenuto. Ora che siamo alle porte di nuovi piani regolatori ci si penserà? O la città dovrà di nuovo subire lo strapotere e gli interessi del Porto?  Per questa ragione vorrei che Primocanale avesse una visione obiettiva, equilibrata, facendo riflettere tutto il sistema portuale su quanto metta seriamente in difficoltà i cittadini aumentando a dismisura il traffico, senza trascurare il tema dell’inquinamento atmosferico che subisce una parte di popolazione.
Cosa ne pensano anche su questo tema i genovesi?
 
 
Insomma, si parla tanto della Blu Economy, ma secondo me sono solo “belle” parole, temi generici che vogliono dire tutto e niente. Ma io che amo davvero la mia città mi domando: se il porto è così importante e darebbe questi grandi benefici al nostro territorio per quale ragione siamo diventati la città più vecchia d’Europa con 52 anni di età media? Perché abbiamo il più alto numero di pensionati? Perché i giovani scappano da Genova? Perché non hanno voglia di venirci a vivere? 
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Nasce Koinè, il movimento politico di centrosinistra vicino a Salis

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Alla soglia dell’appuntamento con le Comunali di Genova è nato ed è pronto a costituirsi come area politica il movimento civico “Koinè-Linguaggi Comuni” che fa capo all’ex esponente del Partito Democratico Elena Putti e al già presidente del Ce.Sto. Marco Montoli, deus ex machina il saggista ed economista Andrea Acquarone.

Da dove deriva la parole Koinè

Koinè è un termine che deriva dal greco ed è utilizzato per indicare una lingua comune che si sovrappone ai dialetti locali; tradotto significa che esiste una civiltà comune accettata da popolazioni diverse. “In greco indica la varietà interdialettale compresa da tutti, il linguaggio comune appunto, parola, che ha dato il nome a una chat a cui partecipano diverse persone – spiega Andrea Acquarone -, non tutte si espongono, ma il ragionamento che si sviluppa al suo interno viene comunque portato avanti da noi. Una chat in cui è probabile che, specialmente dopo le elezioni, vorranno entrare molte persone”. Insomma, il progetto targato Acquarone, Putti e Montoli si è sviluppato dalla società civile, politicamente vicina al centrosinistra, ma fuori dagli schemi di partito. Il gruppo si è formato in questi mesi, con un attivismo iniziato lo scorso autunno partendo dalla richiesta delle Primarie, proseguito con l’assemblea pubblica al teatro della Tosse, fino ad arrivare alla pubblicazione del pamphlet corale “Tocca a noi! Una nuova generazione per sconfiggere il declino di Genova”. Intanto, l’evento apposito di mercoledì 16 aprile “Tocca a noi: la Genova del domani” in dialogo con Silvia Salis slitta a martedì 29 aprile, causa forte pioggia prevista per dopodomani.

Che cos’è Koinè?

Koinè si definisce un “raggruppamento culturale, politico e sociale che vuole incidere sulle politiche cittadine” all’interno del quale sono presenti sensibilità distinte che guardano nell’alveo riformista e progressista, con confini ampi e dilatati. All’interno si trovano personalità diverse come l’imprenditore Luigi Cornaglia, da anni attivo nella società civile e Matteo Zedda, presidente del Civ del Centro storico, passando per l’architetto ex dem Camilla Ponzano. Koinè è una realtà molto vicina a Silvia Salis e alla sua lista, tra candidati in Comune e nei Municipi. Alle candidature di Salis hanno collaborato anche esponenti politici come il capogruppo del Partito Democratico in consiglio regionale Armando Sanna, la segretaria regionale di Azione Cristina Lodi, la candidata di Avs consigliera comunale uscente Francesca Ghio. “Non si tratta proprio di un nuovo soggetto politico, perché Genova non ha bisogno di ulteriori soggetti politici che si muovano nel già denso agone elettorale – commenta Elena Putti -, le percentuali vertiginose di astensionismo, che i partiti non riescono ad arginare, ci suggeriscono invece la necessità di luoghi di discussione e incontro trasversali, liberi, che trattino in maniera laica i temi del vivere quotidiano così come le grandi sfide della contemporaneità. Costruire pensiero e azione fuori da ogni schema e rinvigorire il tessuto pre-politico: questa a nostro avviso è la missione da perseguire per avvicinare nuove menti al dibattito pubblico e favorire un ricambio fisiologico dell’amministrazione locale”. A rimarcare il concetto è lo stesso Marco Montoli: “Koinè non è un partito perché è un raggruppamento aperto, che si aggrega e collabora per temi condivisi, lasciando autonomia a chi ne fa parte di partecipare anche ad altre iniziative, ciò non toglie che in diverse occasioni valuteremo di rappresentarci in maniera unitaria dentro la coalizione di centrosinistra”.

I candidati della lista civica Silvia Salis Sindaca

Nel frattempo è pronta per essere presentata ufficialmente la lista civica “Silvia Salis Sindaca”, alla quale prenderanno parte alcuni esponenti di Linea Condivisa come Filippo Bruzzone (in odore di assessorato ndr) ma anche di personalità della società civile, vicine al progetto politico “Koinè-Linguaggi Comuni”. Tra loro Lorenzo Calza, disegnatore del fumetto Julia; Matteo Zedda, presidente del Civ Centro storico; la paralimpica Roberta Galizia, il referente di Volt Genova Luca Pugliese e l’architetta ed ex candidata alla presidenza del Municipio Medio Levante Camilla Ponzano. Una presentazione, dei vari candidati, attesa nelle prossime ore al point di Silvia Salis in via Carducci.

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