Italia
25 Aprile in Regione, Balleari: “Non è una festa di sinistra”
Sono iniziate le celebrazioni del 25 Aprile, nell’ottantesimo anniversario della Liberazione, e anche il consiglio regionale rende omaggio alla rinascita dell’Italia e al riscatto di Genova, capace di liberarsi prima delle altre città. A pochi giorni dall’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Genova. Presenti nell’aula intitolata all’indimenticabile Sandro Pertini, il presidente della giunta Marco Bucci, gli assessori, i consiglieri regionali, tra il pubblico istituzioni e autorità per ricordare quel 25 Aprile che resterà nella storia.
Il centrodestra chiede che sia “festa di tutti”
“È una festa della liberazione di una riconquistata democrazia che è costata tanto in termini di vite umane e di tanti sacrifici che sono stati fatti, la cancellazione di un regime totalitario che è sempre da condannare, qualunque esso sia – ha commentato il presidente del consiglio regionale Stefano Balleari -. Noi abbiamo riconquistato una libertà che non esisteva più ed è importante mantenere il ricordo di tutto ciò che è stato fatto per ottenere questa libertà e di proseguire in tal senso nell’ottima di una democrazia assoluta”. Genova è antifascista, il monito che si eleva anche dal consiglio regionale, come confermato dal presidente Balleari. “Anche la nostra costituzione si dichiara antifascista e sarebbe assurdo non dire che è così. Io non amo particolarmente la parola ‘anti’ perché è qualcosa di negativo ma io certamente sono contro, per la mia storia personale, a tutti i regimi totalitari, che siano di destra o di sinistra”. Il 25 aprile è oramai da anni una giornata in parte divisiva, connotata soprattutto nell’alveo del centrosinistra, ma che dal centrodestra chiedono di non incasellare politicamente. “Non deve essere una festa della sinistra, perché questa è una festa del Paese, è la festa di una libertà alla quale tutti sono tenuti a partecipare e nel passato è stato fatto un grave errore farla diventare solo di una parte dell’Italia perché è la festa di tutti che devono onorare la libertà”.
Il valore della libertà anche ai giorni nostri
A tenere l’orazione del 25 Aprile il professor Marcello Flores che oltre a essere docente dell’Università e profondo conoscitore della storia è stato figlio di chi ha combattuto per la libertà. “La liberazione a Genova è stata la liberazione più importante dal punto di vista della resistenza, non soltanto in Italia ma anche in Europa, e all’interno della resistenza in Liguria ci sono state tutte le diverse realtà della resistenza per cui oggi possiamo parlare di resistentie al plurale – spiega il professor Flores -. E questo convincimento deve permettere di ricordare questo ottantesimo anniversario nel senso dell’unità ma anche della molteplicità di esperienze che hanno contribuito a portare la libertà all’Italia”. E mentre ogni 25 Aprile si celebra e onora la fine del regime nazifascista, in paesi dell’Unione Europea come l’Ungheria, il presidente Orban ha appena emanato leggi contro la libertà del proprio orientamento sessuale. “Questo è un periodo molto difficile, di trasformazione e transizione in cui il ricordo della resistenza (europea) che è stata ampia e diversificata nei diversi paesi, ha avuto come carattere comune il tentativo di riconquistare e di mantenere la libertà – ha aggiunto Flores -. Adesso il fatto che ci siano tendenze di limitare la libertà per necessità o volontà di spinte autoritarie dovrebbero proprio in questa occasione non dimenticare che la libertà è qualcosa che va difeso nella sua totalità e non soltanto a pezzi”. La resistenza genovese è stata la più importante d’Europa ed è stato ribadito ancora oggi dal professor Flores. Il valore della resistenza, connotato ai giorni nostri, all’ invasione russa in Ucraina, deve essere difeso? “I contesti sono diversi ma i tratti sono simili, 80 anni fa c’era un invasore che era la Germania hitleriana, adesso da tre anni c’è un invasore che è la Russia di Putin quindi credo che questo non si debba assolutamente dimenticare perché così come la resistenza combatteva per la pace, lo stesso bisognerebbe pensare per l’oggi” il commento del professor Marcello Flores, relatore in consiglio regionale.
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Piciocchi chiude la campagna al Porto Antico, Primocanale in diretta
Il candidato sindaco del centrodestra Pietro Piciocchi chiuderà la sua campagna elettorale sotto il tendone di piazza delle Feste a partire dalle 17.30, in uno dei luoghi simbolo per l’attuale maggioranza di governo. Insieme al vicesindaco reggente (uscente) i leader nazionali, a partire da Giorgia Meloni che si collegherà in diretta da Roma.
Sul palco sono attesi il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, il responsabile nazionale di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi, il senatore di Unione di Centro Antonio De Poli, il presidente della Regione Piemonte (FI) Alberto Cirio e il presidente di Regione Liguria Marco Bucci. La presidente del consiglio, in questi giorni indisposta fisicamente, sarà presente ma in video collegamento, salvo un possibile cambio di programma dell’ultimo minuto. Gli organizzatori si sono, come si suol dire, messi a vento, e hanno già allestito il palco con il vidiwall. Piciocchi chiuderà questa lunga campagna elettorale contornato da tutti i big dei partiti che lo sostengono, che come spesso accade si ritroveranno sullo stesso palcoscenico. Una volata finale che farà leva sulla coesione delle forze in campo. Nella piazza delle Feste si ritroveranno anche gli esponenti delle liste civiche che appoggiano l’avvocato genovese, da Vince Genova a Orgoglio Genova-Bucci-Noi Moderati; oltre ovviamente agli esponenti dei vari partiti di centrodestra.
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Italia
Garlasco, qualche domanda. Non sulle indagini
Comunque vada a finire la nuova indagine su Garlasco, lo spettacolo offerto è già ai limiti dell’inconcepibile. Non sappiamo a chi, ma bisognerà chiedere scusa a qualcuno quando la polvere si sarà posata
Altri molto più ferrati, esperti e anche appassionati del sottoscritto scriveranno certamente meglio del “giallo di Garlasco“. Delle clamorose novità delle ultime settimane e del vero e proprio colpo di scena che da 48 ore fa parlare tutto il Paese. Inteso come Italia, perché ormai Garlasco è quasi più un sinonimo che un luogo. Non spenderò una parola su impronte, ipotesi, indagati, presunti colpevoli e presunti innocenti. Non è il mio pane, pur sapendo che è impossibile sottrarsi alle infinite discussioni. Logico e inevitabile.
Qualche considerazione, però, è doverosa. Comunque vada a finire questa storia che non sappiamo neppure come definire – inchiesta bis ci pare poco – la credibilità dell’ordine giudiziario subirà un colpo molto severo. Lo spettacolo offerto è ai limiti dell’inconcepibile, con i vecchi titolari di indagini durate 10 anni che se ne vanno in giro fischiettando o altri che continuano a ripetere che quell’uomo non poteva essere condannato in punta di diritto. Pensiamo, uno per tutti, al giudice dell’assoluzione di secondo grado.
Chi indaga oggi non parla e fa benissimo, ma come al solito tutto arriva ai giornali, alle televisioni e tracima nei social. Il controllo sulla riservatezza degli atti dell’inchiesta traballa. Chiunque si improvvisa esperto forense, sa, sottolinea, riporta, accusa e assolve. Noi giornalisti ci gettiamo a corpo morto sulla notizia “che funziona“. Ne sto scrivendo, quindi faccio parte del circo e non è necessario che me lo si ricordi. Almeno evito di iscrivermi a uno dei due partiti – colpevolisti o innocentisti – che nelle ultime settimane hanno assistito a poderosi travasi di chi per anni aveva costruito ore di trasmissioni o versato bit a manetta sull’ipotesi opposta a quella oggi favorita.
Poi ci sarebbero le vite distrutte, di nuovo date in pasto a una curiosità che oggi non ha alcun limite.
Non sappiamo a chi, ma siamo certi che bisognerà chiedere scusa a qualcuno quando la polvere si sarà posata.
Un ultimo pensiero non può che essere rivolto ai genitori di quella povera ragazza. Abbiamo letto l’indiscrezione secondo cui la procura giudicherebbe incomprensibile la diffidenza della famiglia nei confronti della nuova indagine. L’unica cosa che ci appare incomprensibile – ove fosse vero – è come non si possa comprendere la violenza di un incubo che ritorna. I genitori di Chiara Poggi non sono magistrati, carabinieri, periti, esperti o editorialisti. Sono mamma e papà. Alle prese da 18 anni con un dolore che non abbiamo neanche la capacità, nella nostra lingua, di definire con un termine.
Cosa dobbiamo chieder loro? Di tifare per uno dei partiti di cui sopra? Di abbracciare una tesi, dopo che per quasi vent’anni ne sono state annunciate e triturate un numero di cui abbiamo perso il conto? Chi indaga cerca la giustizia e lo fa in nome del popolo italiano e ha un obbligo morale nei loro confronti. Punto. Non deve aspettarsi ‘comprensione’. Ci vuole rispetto.
Di Fulvio Giuliani
L’articolo Garlasco, qualche domanda. Non sulle indagini proviene da La Ragione.
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